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Al Meeting Europa ed Islam per un possibile dialogo

I volti giovani dell' Italia multietnica  |  | Meeting Rimini 2017 I volti giovani dell' Italia multietnica | | Meeting Rimini 2017

“Educare all’apertura rispettosa e al dialogo sincero con l’altro, riconoscendone i diritti e le libertà fondamentali, specialmente quella religiosa, costituisce la via migliore per edificare insieme il futuro, per essere costruttori di civiltà. Perché l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è la inciviltà dello scontro, non ce n'è un'altra.

E per contrastare veramente la barbarie di chi soffia sull’odio e incita alla violenza, occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica incendiaria del male con la paziente crescita del bene: giovani che, come alberi ben piantati, siano radicati nel terreno della storia e, crescendo verso l’Alto e accanto agli altri, trasformino ogni giorno l’aria inquinata dell’odio nell’ossigeno della fraternità”: così aveva detto papa Francesco ai partecipanti alla conferenza internazionale per la pace a Il Cairo lo scorso aprile.

Partendo dal discorso papale il Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in svolgimento a Rimini, dedica un incontro sul tema ‘Quando le religioni generano una speranza: il Papa in Egitto’, venerdì 25 agosto, al quale partecipano Sayed Mahmoud Aly, direttore editoriale del quotidiano ‘Al-Ahram’; Mostafa El Feki, direttore della Biblioteca di Alessandria; Javier Prades López, rettore dell’Università San Dámaso di Madrid. Ed una mostra intitolata ‘Nuove Generazioni. I volti giovani dell’Italia multietnica’, curata da Andrea Avveduto, Letizia Bardazzi, Alessandra Convertini, Wael Farouq, Jacopo Fusi, Giacomo Gentile, Cristina Giuliani, Giovanni Lucertini, Gianni Mereghetti, Giorgio Paolucci, Elena Puncioni, Margherita Tassi con un gruppo di Studenti Universitari di Bologna e Milano.

Per farci spiegare queste scelte abbiamo contattato il prof. Wael Farouq, docente di Lingua e letteratura araba all’Università Cattolica di Milano, che è stato docente anche all’Università Americana del Cairo e Straus Fellow allo Straus Institute for the Advanced Study of Law and Justice di New York: “Il suo messaggio al popolo egiziano ha avuto un impatto magnifico. Non sono qui da diplomatico, ha detto, ma per incontrarvi. Tocca a tutti noi e le occasioni sono innumerevoli e le varie modalità e forme della presenza generano speranza”.

A proposito dell’incontro di  venerdì prossimo ha spiegato chi sono gli invitati: “Quest’anno al Meeting non sono stati invitati i leader religiosi, ma alcuni interpreti, intelligenti e autorevoli, del cuore della società egiziana. Sayed Mahmoud Aly, direttore editoriale di Al-Ahram, è uno dei giornalisti più preparati e ascoltati del Paese. E’ stato molto colpito dall’impatto popolare della visita e ne racconterà le conseguenze nel linguaggio del giornalismo egiziano. Mostafa El Feki è il direttore della Biblioteca di Alessandria: ha proposto al governo di divulgare il discorso del Papa nelle scuole pubbliche, affinché tutti i ragazzi egiziani conoscano quelle parole. Don Javier Prades López spiegherà la metodologia del Papa, che consiste appunto nell’aprire spazi, tra cristiani e musulmani, ed essere presente”.

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Allora cosa significa per le nuove generazioni il titolo del Meeting?

“Il titolo del Meeting riguarda il futuro non riguarda il passato. L’eredità dei padri per le nuove generazioni è energia; è vita”.

Come è nata l’idea della mostra?

“La prima idea è una prosecuzione della mostra dello scorso anno, volendo fare un ulteriore approfondimento sulle nuove generazioni con uno sguardo sul futuro. L’altra idea si è sviluppata perché i giovani volevano raccontare i sacrifici dei loro genitori. Se facciamo la somma dei minori stranieri nati da genitori immigrati o arrivati qui da piccoli, di quelli che hanno acquisito la cittadinanza italiana e dei figli di coppie miste, superiamo il milione e mezzo di persone. Una cifra imponente, alla quale vanno aggiunti i figli ormai maggiorenni nati da genitori stranieri. Sono le ‘nuove generazioni’ di una nazione sempre più multietnica. Tutti fanno i conti con le tradizioni delle famiglie e delle terre di cui sono originari, e nello stesso tempo si misurano con la cultura, i valori, gli stili di vita di quello che sentono come il ‘loro’ Paese. Sono un punto di incontro tra mondi diversi, spesso molto lontani, che in seguito alla globalizzazione e ai flussi migratori sono diventati vicini e si stanno sempre più contaminando”.

La cultura può essere uno spazio di integrazione?

“L’integrazione è quando uno cerca di perdere un po’ della sua identità. Invece la cultura è una ricchezza. La cultura è uno spazio di traduzione; essa può essere generata dalle persone, che sono disposte al confronto con l’altro.  Viviamo nella cultura del nulla. Provate a chiedere a qualcuno cosa significhi libertà. La risposta sarà quella di Caino dopo aver ucciso il fratello: a me che importa? I grandi valori occidentali sono stati svuotati del loro significato. Sono occidentali quelli che acquistano petrolio dall’Isis, che gli vendono le armi: sono i Caino, dicono a me che importa? Invece il cuore pulsante è alla ricerca dell’amore e l’amore è la condizione della fede. L’islam non è una religione araba, ma uno spazio aperto a tutte le culture che possono arricchirlo e allargare i suoi orizzonti. I precetti dell’islam hanno sempre subito mutazioni con il tempo e lo spazio, è il solido fondamento alla base di tutti i contributi che l’islam ha dato alla civiltà umana. Il musulmano europeo, oggi, deve dunque restituire all’islam il suo spirito pluralista. Le società europee, dal canto loro, devono aprire lo spazio pubblico a un vero pluralismo, moralmente fondato sull’amore per il prossimo e non sul ‘che me ne importa’… Quale identità ha un giovane di 18 anni; quale cultura ha, a quali modelli si può ispirare?. Queste sono le vere domande e non si può parlare di accidente, ma bisogna analizzare le cause nel profondo, partendo dal laicismo che spinge a considerare sacra qualsiasi ideologia, dove il potere diventa esso stesso una religione”.

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Papa Francesco ha detto che ‘l’islam non è una religione violenta’: quale è il suo pensiero?

“Le parole di papa Francesco mi hanno fatto sentire ascoltato in quanto essere umano, e ho compreso che per lui la mia stessa presenza come persona è importante. Il Papa è uno che mi guarda e che non mi dimentica. Mentre chi condanna tutti i musulmani in quanto tali compie un atto di violenza contro persone come me che vivono un’esperienza di incontro e amicizia con i cristiani. Gli integralisti cattolici affermano che il Papa è buonista, perché non vuole fare questa condanna collettiva dell’islam e dei musulmani. Ma il Papa sa bene che questa condanna collettiva è il primo atto di una serie che trasforma un’esperienza religiosa in qualcosa di simile all’Isis”.