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Arcivescovo Chaput al Sinodo: “Scegliere la speranza, non la disperazione pastorale"

Arcivescovo Chaput | Arcivescovo Charles J. Chaput al briefing in Sala Stampa vaticana, 7 ottobre 2015 | Marco Mancini / ACI Stampa Arcivescovo Chaput | Arcivescovo Charles J. Chaput al briefing in Sala Stampa vaticana, 7 ottobre 2015 | Marco Mancini / ACI Stampa

È una “sottile mancanza di speranza” quella che si può percepire nell’Instrumentum Laboris del Sinodo 2015. Così la descrive l’arcivescovo Charles J. Chaput, di Philadelphia, nel suo intervento in aula sinodale del 7 ottobre, pubblicato sul sito della diocesi di Philadelphia.

Secondo l’arcivescovo Chaput, i paragrafi che vanno dal 7 al 10 del documento hanno “fatto un buon lavoro descrivendo le condizioni delle famiglie di oggi,” ma in complesso “il testo genera una sottile mancanza di speranza,” che “porta a uno spirito di compromesso con alcuni stili di vita peccaminosi,” e “la riduzione delle verità cristiane sul matrimonio e sulla sessualità a un set di bellissime idee,” il che “porta di conseguenza alla resa della missione redentrice della Chiesa.”

Per questo, l’arcivescovo Chaput sottolinea che “il lavoro di questo sinodo ha bisogno di mostrare molta più confidenza nella Parola di Dio, nel potere trasformativo della grazia, e nella capacità della gente di vivere davvero quello che la Chiesa crede.”

“Si dovrebbe onorarae l’erosimo degli sposi abbandonati che restano fedeli ai loro voti e all’insegnamento della Chiesa,” nota l’arcivescovo di Philadelphia.

Quindi, invita tutti a non disperare, pone come esempio i 900 mila arrivati a Philadelphia alla Giornata Mondiale della Famiglia perché “amano il Papa,” ma “amano anche la famiglia e il matrimonio.”

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“C’è bisogno che richiamiamo le persone a perseverare nella grazia e nel fidarsi della grandezza che Dio ha voluto per loro – e Dio non ha voluto confermarli nei loro errori. Il matrimonio racchiude la speranza cristiana – la speranza fatta carne e sigillata permanentemente nell’amore di un uomo e di una donna.”

Conclude Chaput, “questo sinodo deve pregare quella verità più chiaramente, con la passione radicale della croce e della resurrezione.” Insomma, tra i due poli della “disperazione pastorale” e della “decisione di speranza” che sembrano essere racchiusi nell’Instrumentum Laboris, l’arcivescovo Chaput opta decisamente per la seconda.

Sempre meglio di quella “Babele di tirannia che ciba i nostri desideri ma affama la nostra anima” che gli uomini si sono creati in nome dello sviluppo, cui l'arcivescovo di Philadelphia ha fatto riferimento all'inizio del suo intervento.