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Bagnasco: "La Chiesa è un popolo di condivisione"

Il Cardinale Angelo Bagnasco |  | Andrea Gagliarducci Acistampa Il Cardinale Angelo Bagnasco | | Andrea Gagliarducci Acistampa

La Chiesa Italiana oggi e negli anni futuri, l'Italia e la ricerca del nuovo umanesimo. Sono i temi affrontati - in una intervista esclusiva ad Acistampa - dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Angelo Bagnasco, durante i lavori del Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze.

Come ripartirà la Chiesa Italiana dopo il Convegno?

Con uno stile più missionario e più sinodale. In concreto dobbiamo intensificare l’annuncio del Vangelo uscendo dalle nostre chiese ed avere il coraggio, la semplicità e l’umiltà di annunciare la gioia del Vangelo, sapendo che nel Vangelo che ci sono i fondamenti del nuovo umanesimo: di un umanesimo di cui c’è molto bisogno oggi perché andiamo verso una cultura sempre più individualista, slegata gli uni dagli altri con rapporti frammentati e questo certamente non fa l’uomo più felice né la società più umana. Quindi è l’annuncio del Vangelo il fondamento e questo noi dobbiamo farlo ancora di più, però insieme. Ognuno nei suoi ambiti di lavoro e di vita, questo è indubbio, ma deve sentirsi sempre più e meglio dentro la rete della comunità cristiana e questo vuol dire non soltanto pregare insieme, la vita liturgica e della comunità cristiana ma parlarsi, dialogare, confrontarsi proprio sotto lo sguardo dello Spirito Santo: più insieme, c’è più bisogno di questo insieme di ieri perché è una società che tende alla solitudine e quindi la comunità cristiana deve andare controcorrente come dice il Santo Padre offrendo un esempio di come sia bello camminare insieme.

Il Papa ha chiesto una sorta di santa inquietudine?

Sì, è un’ansia pastorale, apostolica come quella di San Paolo.

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Si parla di nuovo umanesimo. Ma perché non si torna al concetto dell’umanesimo integrale? 

Non c’è assolutamente contrapposizione. Il nuovo umanesimo io penso che sia nuovo non perché ci siano straordinarie novità rispetto alla visione cristiana dell’uomo, della vita, del mondo e della storia ma perché si colloca dentro alle novità di oggi. E’ il contesto sociologico, culturale che dà un tono di novità all’umanesimo cristiano. Che cos’è questo di novità? E’ mettere l’accento nell’umanesimo su quegli aspetti che oggi la cultura tradisce. Vuol dire in concreto ad esempio marcare di più l’insieme, la relazione, perché oggi la cultura è sempre più divisiva. E secondo direi mettere sempre più in atto delle prassi comunitarie, delle reti.

Spesso si parla di una Chiesa che deve essere più missionaria e meno istituzionale, ma c’è davvero questo contrasto? La Chiesa è davvero chiusa? Perché nelle parrocchie, invece, molti sacerdoti sono schierati in prima linea.

Certamente. Basta pensare ai sei milioni di pasti che le nostre mense hanno distribuito nel 2014. Sei milioni sono una enormità. Eppure non solo il segno di una situazione che purtroppo perdura, ma sono il segno di una attenzione e di una vicinanza alla gente che le diocesi hanno: questi sono dati di fatto. Infatti nelle relazioni del convegno un punto che ho apprezzato è che, nonostante una cultura individualista, l’umanesimo resiste nelle famiglie, nelle comunità cristiane: questo c’è e resiste perché un umanesimo fatto di relazioni buone, di solidarietà, fatto guardando il cielo e non l’appiattimento sulla terra corrisponde alla natura umana.

L’Italia è ancora cattolica?

Se guardiamo al numero dei battezzati fuor di dubbio, ma non è l’unico criterio. Se guardiamo alla partecipazione ai Sacramenti i numeri non sono molto alte. Se guardiamo il senso di appartenenza e di identificazione con una cultura che si rifà al Vangelo questo aumenta ancora di più. E’ una valutazione a cui non si può rispondere sì o no. E’ una valutazione articolata.

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Qual è la sfida maggiore che i Vescovi italiani individuano per i prossimi dieci anni?

Credo che la sfida umanistica o antropologica compendi bene le diverse sfide di oggi. Vediamo una cultura che cammina sempre più verso l’individualismo, un autonomismo individuale: la Chiesa deve mostrarsi e offrire al mondo una testimonianza di camminare insieme. Quanto più il mondo diventa solitario, tanto più la Chiesa deve mostrarsi di compagnia. Quanto più il mondo diventa conflittuale, tanto più la Chiesa deve mostrarsi un popolo di condivisione, di pace e di giustizia. 

Che ruolo hanno e avranno le strutture?

Le strutture sono finalizzate non a se stesse ma agli scopi della Chiesa, della comunità cristiana: di servizio. Quindi ogni struttura nella misura in cui continua ad essere di attualità e di servizio ha la sua vita. Le strutture che non servono ad uno scopo missionario decadono per loro natura.