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Betori: "La Chiesa deve adattarsi a Cristo e non ai tempi"

Il Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze |  | Andrea Gagliarducci - Acistampa Il Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze | | Andrea Gagliarducci - Acistampa

Innovarsi adattandosi a Cristo. Ne è convinto il Cardinale Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori che in questa intervista ad Acistampa commenta le parole del Papa e gli obiettivi del Convegno Ecclesiale Nazionale.

Quello del Papa è stato un discorso molto complesso per cui non è riducibile ad uno slogan. Va meditato fortemente però ci da la direzione giusta, non ci da le soluzioni già fatte e questo è molto importante: non dobbiamo fare il compitino, dobbiamo fare un discernimento non da poco per potere entrare dentro ad una dinamica di Chiesa che deve rinnovarsi in una Chiesa maggiormente libera, in uscita, come ci ha chiesto il Papa con quelle caratteristiche modellate sulla figura di Cristo, quindi non un adattamento ai tempi ma una conformazione a Cristo. Adattarsi ai tempi è facile, basta seguire i maestri dell’onda del sentire comune mentre adattarsi a Cristo è un compito molto impegnativo e questo ci ha chiesto il Papa.

Questo Convegno è un punto di ripartenza per la Chiesa Italiana?

Sì, questa è un’altra cosa che va molto valutata. Il discorso del Papa non ha esortato solo a cambiare ma soprattutto è stato anche un riconoscimento della peculiarità della Chiesa Italiana. Non è che si comincia, ma si riprende un cammino con  direzioni completamente nuove perché la novità non è meno importante del radicamento in una tradizione che il Papa ci ha riconosciuto.

Si riparte dai valori fondamentali che la Chiesa Italiana ha sempre difeso?

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Questo sì. Soprattutto il suo stare vicino alla gente. Quando il Papa ci dice questo, io rispondo avete sentito i nostri preti? La Chiesa Italiana è un po’ come Don Camillo, noi abbiamo la spontaneità e la generosità dei nostri Don Camillo con la loro capacità di interloquire con la società, non di opporsi ma di diventare elemento di dialogo con la società. Lo abbiamo nel DNA, dobbiamo virarlo in una direzione di maggiore missionarietà, di uscita. Ci siamo un po’ seduti nelle nostre belle mura.