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Bombardare la Siria? Meglio di no, dicono due vescovi

Campo di rifugiati siriani | Preparazione di una rete di sicurezza per un campo di rifugiati siriani | Wikimedia Commons Campo di rifugiati siriani | Preparazione di una rete di sicurezza per un campo di rifugiati siriani | Wikimedia Commons

“Sarebbe folle bombardare la Siria.” Il grido del Patriarca Fouad Twal di Gerusalemme dei Latini era risuonato a margine della plenaria che i vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee hanno deciso di tenere in Terrasanta, lì dove tutto era cominciato. E nel frattempo a Roma, ad un incontro organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, il vescovo di Aleppo Antoine Audo sottolinea che “i bombardamenti non sono la soluzione. Serve piuttosto una soluzione politica.”

Sono parole che risuonano spesso, nel Medio Oriente martoriato dai conflitti. È anche per questo motivo che i vescovi europei sono andati a tenere la loro plenaria in Terrasanta, lì dove tutto è cominciato. L’invito è venuto dal Patriarca Twal, che parla senza peli sulla lingua in un colloquio con ACI Stampa che ha avuto luogo lo scorso 12 settembre.

“Se l’Occidente non cambierà strategia, in Europa avrete presto milioni di profughi siriani. È una follia bombardare, così come è stato profondamente ingiusto causare 300mila morti solo per tentare di rovesciare un regime che non piaceva,” ha detto con forza.

L’arcivescovo Audo ha ribadito il concetto nell’incontro del 16 settembre. Invitando anzi i giovani a rimanere. “Noi cristiani siamo determinati a rimanere in Siria per continuare la nostra testimonianza. Io credo che i cristiani siano un fattore importante per la Siria,” ha detto ad ACI Stampa. E ha sottolineato che poi il principale problema è l’emigrazione, perché “chi poteva partire è partito, rischiamo di rimanere soli.”

Aggiunge l’arcivescovo di Aleppo che “bombardare non può essere la soluzione. Ci si deve sedere ad un tavolo, mettere insieme tutte le parti politiche. Ma bombardando si va solo a far crescere un conflitto.”

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Lo ha spiegato anche il patriarca Twal, molto agguerrito. “Nei mesi scorsi – racconta - ho partecipato a un vertice a Parigi. Ho sentito dire che qualcuno proponeva di aiutare i cosiddetti ribelli moderati. In realtà non serve a niente. Non esistono ribelli moderati, così come non esistono bombe moderate.”

Fermare il conflitto, per Twal e Audo, significa fermare il flusso delle armi che arriva ai ribelli. Una battaglia durissima. “Per rovesciare un regime, non si è pensato alle conseguenze. E ci troviamo ora con un Paese in mano allo Stato islamico, 300 mila morti e 6-7 milioni di rifugiati.”

Cifre imponenti, che fanno esclamare all’arcivescovo di Aleppo: “Abbiamo paura che la nostra comunità possa scomparire.”