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Buddisti e Cristiani uniti contro la corruzione

Il Cardinale Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso |  | Alan Holdren CNA Il Cardinale Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso | | Alan Holdren CNA

Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha inviato ai Buddisti un messaggio in occasione di Vesakh, la festività più importante del buddismo che si celebrerà quest’anno il prossimo 29 maggio. 

Tema centrale del messaggio è l’impegno delle comunità cristiane e buddiste contro la corruzione

La corruzione - scrive il Cardinale Presidente Jean Louis Tauran - è un “crimine odioso. In quanto leader religiosi anche noi dobbiamo contribuire a promuovere una cultura che sia impregnata di legalità e trasparenza”. E citando il Papa ricorda che “l’unica strada per uscire dalla corruzione è il servizio. Infatti, la corruzione viene dall’orgoglio, dall’arroganza, mentre il servizio umilia e consiste proprio nell’umile carità di aiutare gli altri”.

“Benché entrambe le nostre tradizioni religiose - prosegue il porporato - denuncino fermamente il male della corruzione, riconosciamo tristemente che alcuni dei nostri seguaci partecipano a pratiche corrotte, e questo conduce a malgoverno, associazione per corruzione e al saccheggio dei beni della nazione”. 

Alla corruzione che “mette a rischio la vita, minaccia pure la salute e la sicurezza di individui e comunità” e scandalizza la gente non è possibile “rispondere col silenzio”

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Come Buddisti e Cristiani “dobbiamo collaborare per prevenire la corruzione sradicandone le cause soggiacenti e togliere la corruzione dalle radici, dove c’è. In questo sforzo, il nostro principale contributo sarà d’incoraggiare i nostri rispettivi seguaci a crescere nell’integrità morale e nel senso di equità e responsabilità. Il nostro comune impegno nel combattere la corruzione deve includere la cooperazione con i mezzi di comunicazione e con la società civile per prevenirla e denunciarla; creare una consapevolezza pubblica della corruzione; rendere responsabili delle loro azioni gli impiegati pubblici che fanno man bassa dei beni nazionali senza considerare le loro affiliazioni etniche, religiose, politiche o di classe; insegnare e ispirare tutti, ma specialmente i politici e il personale delle pubbliche amministrazioni, ad agire con la massima integrità fiscale; esigere i dovuti processi legali per recuperare i beni rubati a causa della corruzione ed assicurare alla giustizia i responsabili di tali delitti; incoraggiare più donne a partecipare alla politica; negare il conferimento dei pubblici uffici a quelli che sono coinvolti in attività illegali; e introdurre istituzioni trasparenti e inclusive basate sulla legittimità per il buon governo, la responsabilità e l’integrità”.