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Chi pecca è un fratello. XXIII domenica del Tempo Ordinario

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La Chiesa, nella quale vive il Signore, è una fraternità perché costituita da fratelli, in quanto tutti figli di Dio. L’esperienza quotidiana, però, ci fa toccare con mano che non si tratta di una fraternità perfetta. In essa è presente il peccato e a volte anche in forma grave perché la Chiesa non è una comunità di puri, di santi.

Tuttavia, chi pecca è un fratello e non un estraneo e dunque non è possibile rimanere indifferenti o mostrarsi ostili perché il peccato indebolisce la vita dell’intera comunità e le impedisce di essere anticipo del mondo nuovo purificato e pacificato. Per questo motivo Gesù propone la correzione fraterna come legge per risolvere le difficoltà che possono nascere all’interno della comunità cristiana e afferma che la correzione avviene a tre livelli: a quattr’occhi, dinanzi a uno o due testimoni, dinanzi all’intera comunità. Lo scopo è sempre quello di aiutare il fratello a prendere coscienza del suo stato di separazione perché possa di conseguenza cambiare la sua vita.

La via della correzione è ardua perché difficilmente si accetta serenamente un’osservazione da un altro, anche se viene fatta nel modo più delicato e ponderato possibile. Pertanto, da parte di chi ha sbagliato è richiesta una grande umiltà. Da parte di chi fa la correzione deve esserci rispetto, verifica sincera delle motivazioni che lo portano a correggere il fratello, grande discrezione per non divulgare il peccato del prossimo. Il clima nel quale esercitare la correzione fraterna è, dunque, quello dell’amore e non giudizio, della riservatezza e della pazienza.

Si corregge perché si ama. Commenta san Tommaso d’Aquino: Questa correzione deve provenire dalla carità, che è amore di Dio e amore del prossimo. Se ami, devi amare la salvezza del tuo fratello. Ma se lo vuoi salvare, devi avere cura della sua buona fama, e lo farai se lo correggi con un contatto personale, non se lo rimproveri davanti a tutti.

Il peccatore che accoglie la correzione avrà conquistata la salvezza. Si tratta di un guadagno perché vivere nel peccato significa essere nella rovina. Ma ne avrà un arricchimento anche tutta la comunità, che è il segno ed il luogo della fraternità.

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Non sempre il fratello accetta la correzione. E’ molto difficile emendare un difetto in noi e pertanto non c’è da meravigliarsi se anche il prossimo non è disponibile a farlo e a farlo subito. Preziosi a questo riguardo i consigli che troviamo nel testo Imitazione di Cristo: Se un tale, ammonito una volta o due, non si arrende, non stare a bisticciare con lui, ma affida tutto a Dio, sicchè si faccia la sua volontà e prevalga il suo onore in tutti i suoi servi, poiché egli sa ben convertire il male in bene. Studiati d’essere paziente nel tollerare i difetti altrui e ogni altra debolezza, perché anche tu ne hai molti che debbono essere tollerati dagli altri.

La sentenza della comunità (legare e sciogliere) è ratificata nel cielo. Non si tratta, dunque, di una decisione puramente umana. E’ possibile capire questa affermazione solo se si riconosce che il Signore è presente nella comunità e Lui la guida e la governa, ogni volta che essa si riunisce nel Suo nome.