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Combattere la fame: l’impegno della Santa Sede, la ricetta Caritas

Sede della FAO | La sede della FAO a Roma | Flickr Sede della FAO | La sede della FAO a Roma | Flickr

Non è una “mera presenza di circostanza” quella della Santa Sede alla FAO, l’organizzazione ONU che si occupa di combattere la fame nel mondo. Lo ha sottolineato monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’organizzazione, al Consiglio della FO che è iniziato il 30 maggio e terminerà il 3 giugno. Un impegno certificato anche da un intervento del Cardinal Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis, che ha fornito “un nuovo modo” di affrontare l’emergenza cibo sviluppata dalla Caritas.

È una lotta agli sprechi, quella delineata da Monsignor Chica Arellano. “Dobbiamo fare in modo – ha detto – che non si perda nessun alimento. Ci vuole una analisi chiara di quello che viene fatto, a anche una ferma volontà politica, perché vengano fatti interventi necessari. In una parola, si tratta di creare le possibilità per condizioni di vita personale e comunitaria che permettano a tutti di affrontare questa importante questione”.

L’osservatore della Santa Sede alla FAO afferma che “oggi alla FAO, tutti insieme abbiamo voluto proclamare con tutta serietà e convincimento: invece di perdere alimenti, che tutto si sfrutti, che nessun prodotto si debba buttare perché è stato oggetto di un deterioramento superficiale”. E aggiunge: “In effetti, di fronte la perdita degli alimenti, che viene simbolicamente unita alla morte, dobbiamo promuovere la cultura dell’attenzione e della cura, che deve essere vincolata al fondamento della vita, della solidarietà e dell’aiuto a quanti hanno più bisogno. Un alimento perso è un alimento rubato ai poveri e a quanti sono ai margini”.

Come affrontare lo sviluppo della fame? Con una strategia di sviluppo globale” che appunto prevenga e includa anche strategie per ridurre ed eliminare la perdita di alimenti”.

Su questa scia si inserisce l’intervento del Cardinal Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis, che nota come “la perdita di cibo ha luogo in tutti gli stadi della catena agricola dopo la raccolta, incluso nel trasporto dal campo alle fattorie, durante la trebbiatura e lo sgusciamento, durante l’immagazzinamento, durante il trasporto al mercato e anche durante il marleting”.

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Un rischio che aumenta per i piccoli fattori. Tanto che nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI – nota il Cardinal Tagle – veniva affermato che “un modo di eliminare le cause strutturali dell’insicurezza da cibo è di promuovere uno sviluppo agricolo, attraverso investimenti in infrastrutture rurali, irrigazione, trasporto, organizzazione del mercato, allenamento e attraverso la condivisione di tecniche agricole tra i fattori”.

E Papa Francesco ha poi notato – continua il Cardinal Tagle – che non si tratta di un problema meramente “tecnico”, ma soprattutto un problema etico e antropologico. “Se vogliamo che il sistema di distribuzione del cibo garantisca il diritto a cibo adeguato per tutti, inclusi gli svantaggiati, questo ha bisogno di politiche adeguate e misure efficaci per prevenire lo spreco alimentare”, dice il Cardinale.

Cosa fa Caritas Internationalis? Aiuta i piccoli fattori a sviluppare capacità nel gestire tutto quello che segue al raccolto, in modo da creare un eguale accesso al cibo per tutti. Il Cardinal Tagle cita uno studio di Caritas Malawi del 2014, che spiegava come lo spreco di cibo era anche una minaccia per la sicurezza alimentare degli stessi fattori.

Allora cosa fare? Il Cardinal Tagle ricorda il programma “Farm for Maine” introdotto da Caritas USA per fornire “verdure nutritivamente ricche e organiche a persone in difficoltà”. Sempre negli USA, si è creato un sistema di distrubuzione del cibo dello Stato di Washington, mentre la Caritas di Spokane ha creato un network di oltre 50 imprese famigliari che nutrono una comunità in cui il 17 per cento dei residenti ricevono cibo attraverso buoni. Si è creato anche “una banca del cibo” con più partner che provvedono anche ad una educazione alla nutrizione.

Insomma, conclude il Cardinal Tagle, “non si tratta solo di soluzioni tecniche”, ma rispondono ad “una visione basata sullo sviluppo umano integrale ed ecologico”.