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Diocesi di Matera: in Quaresima scoprire la ‘fragranza del pane’

’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo |  | Diocesi di Matera ’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo | | Diocesi di Matera

“Carissimi, ci apprestiamo a vivere un periodo dell’anno che, nel ‘gergo liturgico’, chiamiamo ‘forte’: la Quaresima! Sono quaranta giorni duranti i quali l’invito pressante della Parola ci chiede di fare una seria revisione della nostra vita: tempo che definiamo di ‘conversione’.

In parole semplici significa ‘tornare a Dio’ per celebrare e vivere la vittoria di Cristo sulla morte, su ogni tipo di morte: ‘risorgere’. E’ la Pasqua del Signore! E’ la nostra Pasqua! In questo tempo di Quaresima siamo richiamati a fare un ‘viaggio’ nella nostra ‘storia’ personale, a vivere con intensità, gradualità e verità questo cammino ed essere riflesso e testimonianza dell’amore di Dio”.

Con questo stile affettuoso inizia la lettera per il tempo di Quaresima dell’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, che nei lunedì svolgerà nella Casa spirituale ‘Sant’Anna’ i quaresimali sul tema ‘Tempo di Quaresima, tempo privilegiato per l’ascolto della Parola per tornare a Dio’. Nella lettera l’arcivescovo parte ricordando che ‘l’altro è un dono’, in quanto la diocesi, in questo anno pastorale, ha scelto di meditare sulla promozione del bene comune: “E’ a partire dalla Parola che ci rendiamo conto quanto Dio desideri la felicità di ogni uomo, senza differenze di culture, nazionalità o colore: l’altro è un dono!

Facendo memoria delle nostre radici, tra i ‘Sassi’ di Matera, come d’altronde nei nostri paesi rurali, questo valore si è sempre coltivato con lo stile di vita del ‘vicinato’: tutti maestri e tutti discepoli!” Nella lettera il vescovo propone di riscoprire il ‘vicinato’ non come luogo di ‘controllo’, ma come luogo di ‘comunione’ tra le famiglie: “Il vicinato, tipico dei paesi del Sud Italia, ha rappresentato il luogo della ‘comunione’.

Le famiglie, pur nella loro autonomia, si ritrovavano nel ‘largo’ per condividere il lavoro, l’arte che ognuno conosceva, si respirava la ‘fragranza del pane’ appena sfornato e, come il suo profumo riempiva tutto il vicinato, cosi la ‘gioia della solidarietà’ riempiva i cuori di canti di festa tali da trasformare i ‘molti’ in ‘uno’ ed il ‘poco’ in ‘tanto’: a nessuno doveva mancare il necessario e persino le chiacchiere che facevano parte del tessuto sociale venivano trasformate in segno d’unità e di pace: tutti dovevano godere della stima di tutti”.

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Ed invita le famiglie a respirare la ‘fragranza del pane’, perché tale odore una volta era sinonimo di ‘solidarietà’. La lettera non ha nessuna intenzione ‘nostalgica’, ma è uno sprone per la conversione per compiere un ‘viaggio’ nella ‘storia’ personale e comunitaria. D’altronde la storia insegna che per guardare al futuro con fiducia occorre non perdere le radici, cioè la ‘fragranza’ del pane, così come è raccontato nella parabola di Lazzaro, filo conduttore della Quaresima diocesana, cercando di cogliere le sofferenze di chi vive nella ‘stanza’ vicina: “In questa Quaresima, tenendo presente la parabola detta del ‘ricco epulone’ e del ‘povero Lazzaro’, siamo invitati ad entrare nei degradi della vita… Il ricco epulone è senza nome nei Vangeli, mentre il povero si chiama Lazzaro che significa ‘Dio aiuta’.

Ciò che il ricco ostenta, cercando il consenso, la riverenza, in realtà maschera il suo vuoto interiore, la sua insoddisfazione: non è contento. Il povero Lazzaro viene descritto nei minimi particolari della sua povertà, di bisogno, di necessità, di umiliazioni, pieno di sofferenze fisiche e morali. Si sente umiliato nella sua condizione di uomo perché, diremmo oggi, non ha un lavoro, dipende dai sacrifici dei genitori, non può farsi una famiglia, si sente solo e abbandonato, con un futuro senza prospettive.

Il povero Lazzaro è anche colui che lascia la nostra terra per andare lontano, in terre sconosciute, alla ricerca di una sistemazione e spesso rientra più deluso di prima. Lo è anche l’immigrato quando non viene accolto o discriminato; quando viene sfruttato dal ‘caporalato’ per pochi euro al giorno… Il povero Lazzaro, non è anche la madre maltrattata fra le mura domestiche, la donna perseguitata da un amore malato, possessivo, la minorenne e non solo, sottomessa e costretta alla prostituzione?”

Riprendendo un pensiero di mons. Tonino Bello sui ‘nuovi poveri’ (‘Ci sono poveri nuovi, i poveri di oggi. Quelli che hanno il portafoglio gonfio ed il cuore vuoto. Forse hanno soltanto un piccolo segno da cui ti accorgi: una tristezza profonda negli occhi’) l’arcivescovo materano chiede al suo popolo di dare un significato nuovo al tempo quaresimale: “Ed allora, il nostro proposito, in questa Santa Quaresima, non diventa solo la privazione personale o il limitare a se stessi l’uso ed il consumo di alcune cose, ma certamente la preghiera, ed un impegno reale nei confronti del fratello a cui finora, si è prestata poca attenzione”.

Ed ‘elenca’ alcuni suggerimenti per affrontare un cammino di conversione: un momento di preghiera in casa con tutti i familiari che lo desiderano: celebrazione del Sacramento della Riconciliazione o Confessione; visita al Santissimo Sacramento almeno una volta la settimana; riscoperta della Via Crucis e del Triduo Santo.

Ed infine un invito a riscoprire in modo ‘nuovo’ il digiuno e l’astinenza per non essere ‘schiavi del superfluo e persino complici dell’ingiustizia’, che si realizza nel compimento di alcuni gesti: “il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse;  l’uso eccessivo di bevande alcooliche e di fumo; la ricerca incessante di cose superflue, accettando acriticamente ogni moda e ogni sollecitazione della pubblicità commerciale; le spese abnormi che talvolta accompagnano le feste popolari e persino alcune ricorrenze religiose;

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la ricerca smodata di forme di divertimento che non servono al necessario recupero psicologico e fisico, ma sono fini a se stesse e conducono ad evadere dalla realtà e dalle proprie responsabilità; l’occupazione frenetica, che non lascia spazio al silenzio, alla riflessione e alla preghiera; il ricorso esagerato alla televisione e agli altri mezzi di comunicazione, che può creare dipendenza, ostacolare la riflessione personale e impedisce il dialogo in famiglia; trovare il tempo per stare vicino agli ammalati e a coloro che sono soli; attenzione particolare alle famiglie con problemi economici (fare una carità in denaro in modo anonimo facendola trovare nella buca della posta); condividere il pranzo o cena con qualche bisognoso”.

Le indicazioni ‘quaresimali’ riprendono ciò che mons. Caiazzo aveva scritto nella Lettera pastorale, ‘Chi è il mio prossimo?.. va’ e anche tu fa così’, per rendere concreta una ‘Chiesa in uscita’: “E’ il tempo di una Chiesa che si mette in cammino, se è necessario anche a piedi scalzi, che non sta con le pantofole, seduta sul divano davanti alla TV o insieme ai soliti ‘pochi’ che diventano sempre più pochi. Una Chiesa prossima. La carità si esprime nella comunione e genera comunità”.