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Diritti, Stato e giustizia sociale nell'enciclica Divini Redemptoris

Papa Pio XI con una delegazione di Greco-Melkiti  |  | Wikicommons Pubblico Dominio Papa Pio XI con una delegazione di Greco-Melkiti | | Wikicommons Pubblico Dominio

Il 19 marzo 1937, in un'epoca politica e sociale molto distante dalla nostra, Papa Pio XI pubblicò l'enciclica - attinente alla dottrina sociale della Chiesa - Divini Redemptoris, che oggi, compie 80 anni.

Con questo testo il Papa tendeva a dare una risposta, unica e soprattutto unitaria, su alcuni temi cari all'azione sociale della Chiesa. In modo particolare l'enciclica muove i suoi passi per offrire una risposta chiarificatrice ai temi che negano l'esistenza di Dio, al materialismo imperante ed alle dottrine economiche libersiste.

Quindi si pone un progetto sociale molto vasto: affermare la retta strada fra più teorie.Ma tale atto della Sede Apostolica nato sulla scorta di dare una risposta profonda e negatrice alla teoria ateista in realtà dice di più. A ben leggere il testo, nella seconda parte, esso rilancia in maniera affermativa e positiva i valori della tradizione cristiana. La seconda parte del documento è la pars costruens, la quale allarga i propri orizzonti verso vette giuridiche e di affermazione di valori inalienabili per l'uomo e che solo Dio può ben concepire in quanto ogni principio a Lui si riferisce. In tale sezione l'enciclica offre delle soluzioni alla situazione di crisi, sorta sul crinale degli anni '30 e '40, parlando della “carità fraterna”, della “giustizia sociale”, la “famiglia”, i “rapporti giuridici fra cittadini”e passando inoltre in rassegna le principali osservazioni sul rapporto delicatissimo fra Chiesa e Stato.

Il punto di forza del documento - oltre a confermare l'esistenza di Dio - è quello di costruire con presupposti solidi una società cristiana fondata sul lavoro, sula famiglia, su un equo equilibrio fra il salario e gli interessi dei datori e sulla promozione dei rapporti di giustizia sociale (che nel documento sono inseriti nella sezione 4, punto 4).

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Ma cosa vuol dire giustizia sociale secondo la dottrina sociale della Chiesa? Questa rappresenta la tensione e l'applicazione della vera parità ed uguaglianza fra gli uomini. In buona sostanza è quest'aspettativa che ben si collega ai principi immutabili non in quanto consacrati da suggelli giuridici ma in quanto messi da Dio nel cuore dell'uomo.

Su tale proposizione è chiaro il riferimento alle teorie giusnaturalistiche di Hegel e Puderdorf che però, in questa lettura, danno valore non all'atto legislativo bensì al vertice della posizione dato da Dio che detta all'uomo il proprio retto agire per gli interessi comuni.

Infatti nell'enciclica si fa riferimento a Dio quale “suprema realtà”, onde indicare il valore primario della presenza di Dio per illuminare tutti i rapporti giuridici-sociali ed economici presenti in qualsiasi compagine sociale.

Dunque principi soprannaturali e metagiuridici, tensione verso la verità dell'affermazione di Giustizia e solidarismo sociale sono le colonne sul quale si regge qualsiasi società civile dominata e regolata da leggi giuste e civili.

Pertanto la riscoperta di tale lettura viene a confermare come essa analizza le varie componenti giuridiche ed economiche che intessono i rapporti sociali cercando di dare non solo una risposta etica, bensì una risposta cristiana ai vari interrogativi che necessitano di una domanda ed attendono una risposta. E la risposta è data dal richiamo ai valori della tradizione cristiana letti alla luce del Vangelo.

Dunque la visione giuridica-economica da osservare nei rapporti sociali secondo la Divini Redemptoris sarà la reale pratica degli interessi di una società che cammina a vele spiegate verso gli ideali di verità e libertà che il Vangelo ha sempre cercato di applicare e la Chiesa continua a radicare nel cuore dell'uomo.

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