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Donne e lotta al traffico di droga: l’impegno internazionale della Santa Sede

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Da Vienna a New York, l’impegno della Santa Sede è sempre lo stesso: difendere il bene comune. Che si tratti di lottare contro la diffusione degli stupefacenti oppure di chiedere lo sviluppo integrale per le donne, andando oltre i tanto famigerati diritti sessuali e riproduttivi, un eufemismo dietro il quale il vocabolario delle Nazioni Unite nasconde la spinta per la liberalizzazione dell’aborto. Sono le posizioni che si sono delineate in due discorsi, il 16 e il 19 marzo, nelle rappresentanze internazionali della Santa Sede alle Nazioni Unite.

Promuovere la donna nella società: questa è una delle condizioni fondamentali per lo sviluppo e la pace nel mondo. L’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso la sede di New York, lo ha sostenuto nel suo intervento lo scorso 19 marzo alla Commissione sullo status delle donne.

L’arcivescovo ha puntato il dito su stupri di guerra, traffico a scopo di sfruttamento sessuale, aborti coatti, conversioni e matrimoni forzati di cui “donne e bambine sono ancora vittime”. E questo nonostante le donne abbiano un ruolo vitale “non solo nella promozione dello sviluppo sostenibile, ma anche nei processi di peacekeeping e peace- building nelle tante aree di conflitto oggi nel mondo”.

L’osservatore nota anche le tante discriminazioni che colpiscono alcune categorie di donne, in particolare le donne anziane, ma soprattutto le madri. “In molti luoghi – sostiene l’arcivescovo Auza - il contributo essenziale delle donne allo sviluppo della società attraverso la maternità non è adeguatamente riconosciuto, apprezzato, promosso e difeso, al punto che molte donne si trovano costrette a scegliere tra lavoro e maternità”. E l’Osservatore ha poi ricordato che in  alcune parti del mondo le pratiche dell’aborto e della fecondazione assistita con selezione pre-impianto del sesso, vengano usate per eliminare le bambine.

C’è bisogno, per l’Osservatore, di investire in educazione e assistenza sanitaria di qualità per donne e bambine. La Chiesa è in prima fila con il suo impegno, soprattutto in Paesi in via di Sviluppo e nelle aree in conflitto. Ha sottolineato l’arcivescovo Auza che un’autentica protezione della salute delle donne e delle bambine non può prescindere dalla “tutela della loro umanità femminile e dalla loro dignità”.

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Capitolo droga. Al tema è dedicato l’intervento di Janusz Urbanczyk, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Vienna, che ha parlato ad una sessione di preparazione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al problema mondiale della droga.

Per monsignor Urbancyk. “tra i risultati più nefasti di un mondo sempre più interconnesso è la proliferazione del traffico internazionale illegale dei narcotici”. Perché – osserva l’Osservatore della Santa Sede - “dai poveri lavoratori rurali nelle conflittuali zone di produzione ai benestanti utenti finali metropolitani, il traffico illecito di droghe non rispetta confini nazionali o ceti socio -economici”.

L’Osservatore ammonisce la comunità internazionale, chiede “sforzi da tutte le parti”, sottolinea che i proventi del traffico di droga “potenziano la criminalità organizzata”, afferma che la Santa Sede prende atto “con preoccupazione” del “legame tra commercio illegale di droga ed altre attività inumane come traffico di persone, proliferazione di armi leggere e di piccolo calibro, crimine organizzato e terrorismo”.

Insomma, il traffico di droga va oltre il danno alle persone che fanno effettivamente uso di droghe, ammonisce mons. Urbanczyk. Il quale afferma che ci si deve concentrare anche ad affrontare le cause alla base del consumo e trovare gli strumenti per riabilitare i tossicodipendenti.

È anche questo uno dei tanti impegni della Santa Sede, presente nel mondo con circa 12 mila ospedali e istituzioni cattoliche di cura e di medicina preventiva . La richiesta è che le cure sanitarie siano centrali nelle politiche antidroga “non solo per prevenire l’abuso, ma anche per alleviare le sofferenze dei tossicodipendenti”, devastati nella vita fisica, psichica, sociale, spirituale e delle loro famiglie e comunità.

“Nessun toccato da questo dramma – ha ammonito mons. Urbanczyk – soffre come individuo isolato la devastazione e la diminuzione della dignità umana che ne deriva”.

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Il quale poi raccomanda infine “un approccio centrato sulle persone, che riconosca la dignità innata e il valore di ogni vita umana”.