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E Shakespeare è sbarcato in Vaticano

Shakespeare in Vaticano | Amleto in Vaticano  | Aliona Adrianova / Shakespeare's Globe Shakespeare in Vaticano | Amleto in Vaticano | Aliona Adrianova / Shakespeare's Globe

Sono stati in 197 Paesi del mondo, ed è un dato importante, perché i Paesi che sono iscritti alle Nazioni Unite sono 193. La scorsa settimana, il tour è approvato anche in Vaticano. L’Amleto di Shakespeare è stato così rappresentato anche in Vaticano. A testimoniare che “i valori cantati dal bardo sono universali”, ha detto l’ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede Nigel Baker. Di Shakespeare, tra l’altro, aveva parlato anche Paolo VI, dicendo che le sue opere “sono per l’uomo moderno promemoria salutare che Dio esiste”.

“La Santa Sede – ha detto Nigel Baker – è uno dei pochi posti al mondo che ha una prospettiva veramente globale e universale. E Shakespeare è probabilmente il nostro scrittore più universale. Così come lo è Amleto, un personaggio che incapsula la condizione umana”.

Ma come è arrivato l’Amleto in Vaticano? C’è un tour, il “Globe to Globe”, un progetto iniziato il 23 aprile 2014, per celebrare il 450esimo anniversario della nascita di Shakespeare, e saranno in tour fino al 23 aprile 2016, per il 400esimo anniversario della morte.

Da qui, all’idea di rappresentarlo in Vaticano, il passo è stato breve. Si pensava di fare la rappresentazione persino nei Giardini Vaticani, oppure a Castel Gandolfo, nella residenza pontificia. Poi però si è deciso di farlo a Palazzo della Cancelleria, nella Sala d’Onore, in un palazzo seicentesco nel centro di Roma che gode di extraterritorialità.

A rappresentare il principe di Danimarca, un attore nigeriano; Re Claudio ha i tratti di un attore Maori; Orazio è una attrice nata ad Hong Kong. Sono stati ovunque, anche in un campo di rifugiati in Giordania, a Kiev alla vigilia delle elezioni, in Cambogia, ma anche nell’epica Biblioteca di Alessandria d’Egitto e in un centro culturale di Tromsø in Norvegia, 350 chilometri a Nord del circolo polare artico. Nella sede delle Nazioni Unite e nel Castello di Praga, nella piazza centrale di Marrakesh e davanti alla cattedrale di Mérida, nello Yucatan.

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Ma anche su una spiaggia del Pacifico (ad Antofagasta, in Cile), lungo le sponde del fiume San Lorenzo in Canada, sulle montagne del Guatemala e accanto alle rovine Maya di Copán, nell’Honduras. Perfino in un albergo del Somaliland, nel Corno d’Africa, dove non si assisteva a uno spettacolo straniero da 23 anni, e nel Saint Kitts e Nevis, staterello insulare delle Piccole Antille, dove non se n’era mai visto uno. È stato rappresentato addirittura nel campo profughi di Zaatari, in Giordania, rifugio di 80mila siriani: lo spettacolo, interrotto da una tempesta di sabbia che ha completamente oscurato il tendone, è poi ripreso in uno scrosciare di applausi.

Ci sono anche gli Stati in cui il Globe non è riuscito ad entrare, come Siria, Yemen, Libia e Repubblica Centrafricana. Ma in quest’ultimo Stato, ci è andato Papa Francesco, che ieri ha anche ricevuto il nuovo presidente. E chissà che, dopo che il Globe sarà tornato a casa, non potrà fare una puntata in una Repubblica Centrafricana finalmente pacificata.