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Formazione permanente dei vescovi, la proposta del Cardinal Ouellet

Cardinal Marc Ouellet | Il Cardinal Ouellet durante la conferenza stampa di presentazione de Cardinal Marc Ouellet | Il Cardinal Ouellet durante la conferenza stampa di presentazione de "I testimoni del risorto" | Alexey Gotovsky / ACI Group

Un tempo sabbatico ogni cinque anni di episcopato. È la proposta del Cardinal Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei Vescovi, lanciata durante la conferenza stampa di presentazione degli Atti del corso annuale di formazione per i nuovi vescovi.

Il volume si chiama “Testimoni del risorto”, e racchiude gli interventi del seminario che, sin dal 2001, la Congregazione dei vescovi tiene per quanti sono stati appena ordinati vescovi. Si è parlato anche di amministrazione, con una relazione del Cardinal George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, su come le diocesi debbano rendicontare. Ma i temi sono stati ampi e hanno riguardato il dialogo, la comunicazione, il dialogo interreligioso.

“Noi troviamo che sia importante che i vescovi di prima nomina vengano a Roma, respirino l’universalità di Roma, incontrino il Papa. Le realtà locali devono sentirsi in sintonia con la Sede di Pietro”, ha detto il Cardinal Ouellet, spiegando lo spirito del seminario.

La base, ovviamente, è il diritto canonico, che vale sia per l’amministrazione che per tutto il resto. Di certo, nel corso degli anni, si è sviluppata una sempre maggiore attenzione per come i futuri vescovi saranno in grado di gestire i problemi della diocesi. “Dal 2010, tra le domande che il nunzio apostolico locale fa al vescovo eletto, c’è l’aggiunta di una domanda su come abbia gestito casi di abuso sessuale da parte di sacerdoti, nel caso in cui si sia trovato ad affrontarli. Dobbiamo verificare se è capace di gestire bene questi casi, che il nuovo vescovo non abbia la mentalità di coprire, di non dichiarare, di non prendere sul serio i problemi. È un tema su cui c’è una verifica in quanto possibile. Molte volte i candidati non hanno avuto casi da gestire.”, afferma il Cardinal Ouellet.

Nuove sfide attendono i vescovi. Il motu proprio “Mitis et misericors Jesus” del Papa sulla riforma del processo per le dichiarazioni di nullità matrimoniale fa dei vescovi anche giudici diocesani. Spiega il Cardinal Ouellet che “tra i membri della Congregazione dei Vescovi, abbiamo avviato una riflessione con l’aiuto di un canonista, per capire le implicazioni di queste nuove norme. E so che le Conferenze Episcopali hanno avviato degli incontri e una formazione in tal senso con esperti di diritto canonico”.

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La principale sfida è comunque quella di trasformare “un prete in un vescovo”.

“Ci sono molte differenze culturali tra i vescovi – racconta il Cardinal Ouellet - e il principale obiettivo di questi incontri è quello di imparare la loro nuova identità. Papa Francesco parla di una conversione pastorale, una conversione missionaria, quando un prete diventa vescovo e viene a Roma per comprendere che ha una responsabilità universale. L’unità della Chiesa cattolica è una esperienza straordinaria. La cosa più importante è conoscere chi sono e incontrare il Santo Padre e sperimentare il senso della comunione”.

Nella grande riforma della comunicazione vaticana, il monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria della Comunicazione, ha detto che si pensa anche a corsi di retorica all’interno dei seminari, per insegnare ai sacerdoti a meglio esprimersi nelle omelie.

Spiega il Cardinal Ouellet che “se uno non ha una profondità nel contenuto, la retorica non fa la differenza. Ma comunque è importante imparare qualche arte di comunicazione per l’omelia. Io sono grato a dei padri domenicani durante i miei studi che ci hanno insegnato una sequenza di comunicazione quando uno parla una omelia. Ci vuole qualcosa, ma l’essenziale è ovviamente di aver meditato e di coltivare un rapporto personale con colui sul quale dobbiamo parlare e soprattutto lasciar parlare”.

Un rapporto personale che, appunto, il cardinal Ouellet vorrebbe rinnovato ogni cinque anni. “Ho parlato di un nuovo incontro, non per tutti i vescovi, ma per quelli di cinque anni. È una iniziativa non obbligatoria, una pausa di riflessione. Dopo cinque anni, è buono di fare una pausa spirituale un po’ più prolungata. Ogni cinque anni, uno che ha da fare con amministrazione con politica, con problemi personali, è mangiato da tanti compiti. Si tratta di un periodo dai 10 ai 30 giorni di preghiera profonda. Sarebbe una benedizione per tutti i vescovi, un tempo sabbatico!”