C’è “corrispondenza tra liturgia e vita”, quella “celebrazione liturgica che poi io porto nella mia vita; e su questo si deve andare ancora più avanti, si deve fare ancora tanto cammino”. Ecco perché c’è bisogno di un “culto autentico”: è “un richiamo che vale per ogni epoca e anche oggi per noi. Quella corrispondenza tra liturgia e vita. La liturgia non è una cosa strana, là, lontana, e mentre si celebra io penso a tante cose, o prego il rosario. No, no”. Fa riferimento alla riforma più visibile del Concilio, papa Francesco, e a cinquant’anni da quel 7 marzo 1965, come Paolo VI, torna nella parrocchia romana di Ognissanti per ricordare la prima messa in lingua corrente celebrata proprio in quel tempio sulla via Appia nuova.

“Ringraziamo il Signore per quello che ha fatto nella sua Chiesa in questi cinquant’anni di riforma liturgica – ha detto il papa a braccio uscendo dalla chiesa parrocchiale -. E’ stato proprio un gesto coraggioso della Chiesa avvicinarsi al popolo di Dio perché possa capire bene quello che fa, e questo è importante per noi, seguire la Messa così”. E in questa logica, ha aggiunto il papa, “non si può andare indietro, dobbiamo andare sempre avanti, sempre avanti e chi va indietro sbaglia. Andiamo avanti su questa strada”.

Parole franche, quelle di Francesco, che fanno il pari con la versione più “dottrinale” pronunciata durante l’omelia. Cita i documenti conciliari, il papa: la “Sacrosanctum Concilium definisce la liturgia come «la prima e indispensabile fonte alla quale i fedeli possono attingere il vero spirito cristiano» (n. 14)”. Che vuol dire “riaffermare il legame essenziale che unisce la vita del discepolo di Gesù e il culto liturgico. Esso non è anzitutto una dottrina da comprendere, o un rito da compiere; è naturalmente anche questo ma in un’altra maniera, è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede”.

Ecco perché “la Chiesa ci chiama ad avere e promuovere una vita liturgica autentica, affinché vi possa essere sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che noi viviamo nella nostra esistenza. Si tratta di esprimere nella vita quanto abbiamo ricevuto mediante la fede e quanto qui abbiamo celebrato”.

E’ la domenica in cui il Vangelo cita la cacciata dei mercanti dal Tempio, con le parole di Gesù: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!». Ma secondo il papa “questa espressione non si riferisce soltanto ai traffici che si praticavano nei cortili del tempio. Riguarda piuttosto un tipo di religiosità. Il gesto di Gesù è un gesto di “pulizia”, di purificazione, e l’atteggiamento che Lui sconfessa lo si può ricavare dai testi profetici, secondo i quali Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale”.

In questo itinerario di “rinnovamento interiore”, soprattutto se compiuto in Quaresima, “tempo favorevole a tutto questo”, “il discepolo di Gesù va in chiesa per incontrare il Signore e trovare nella sua grazia, operante nei Sacramenti, la forza di pensare e agire secondo il Vangelo”. “Per cui – afferma il papa - non  possiamo illuderci di entrare nella casa del Signore e “ricoprire”, con preghiere e pratiche di devozione, comportamenti contrari alle esigenze della giustizia, dell’onestà o della carità verso il prossimo. Non possiamo sostituire con “omaggi religiosi” quello che è dovuto al prossimo, rimandando una vera conversione”.

E qui di nuovo un richiamo alla liturgia: “Il culto, le celebrazioni liturgiche, sono l’ambito privilegiato per ascoltare la voce del Signore, che guida sulla strada della rettitudine e della perfezione cristiana”, “come ha fatto Gesù, pulendo il tempio da meschini interessi”.

Nella domenica ad Ognissanti, parrocchia retta dagli Orionini anche un ricordo per il fondatore san Luigi Orione e per il suo “zelo apostolico”, a settantacinque anni dalla morte. “Qui potete sperimentare – dice il papa parlando della comunità parrocchiale -, ogni volta che lo volete, la potenza rigeneratrice della preghiera personale e della preghiera comunitaria. L’ascolto della Parola di Dio, proclamata nell’assemblea liturgica, vi sostiene nel cammino della vostra vita cristiana. Vi incontrate tra queste mura non come estranei, ma come fratelli, capaci di darsi volentieri la mano, perché accomunati dall’amore per Cristo, fondamento della speranza e dell’impegno di ogni credente”.