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Gli esercizi della Curia, la sete di Gesù e il rischio dell'accidia

Il Papa e la Curia nella Cappella della Casa Divin Maestro di Ariccia  |  | Vatican Media/ Aci Group Il Papa e la Curia nella Cappella della Casa Divin Maestro di Ariccia | | Vatican Media/ Aci Group

La giornata di martedì due le meditazioni per gli esercizi spirituali della Curia romana predicati dal padre portoghese Josè Tolentino de Mendonça.

In mattinata il predicatore ha messo al centro della riflessione l’accidia, il contrario della sete, filo conduttore di queste meditazioni.

Come riporta vaticannews.va Tolentino de Mendonça ha spiegato che quando rinunciamo alla sete, allora cominciamo a morire.

La perdita della curiosità, in non aver interesse per l’altro portano ad una insoddisfazione profonda, alla perdita dell’entusiasmo. Il predicatore ha citato Kierkegaard ed Evagrio Pontico e la Evangelii gaudium che mette in guardia dalla “psicologia della tomba”, che porta ad attaccarsi ad una tristezza dolciastra.

L’accidia però non è la depressione psichiatrica : “Anche dentro un quadro clinico è evidente che l’accidia o gli stati depressivi” non si possono curare solo con le “pastiglie” ma “devono coinvolgere nella cura la persona intera”. “Ci sono molte sofferenze nascoste la cui origine dobbiamo scoprire che si radica nel mistero della solitudine umana”. E quindi rimangono un tema dell’itinerario spirituale.

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Una attenzione anche alla parola di moda: burnout”, che letteralmente significa “bruciarsi”, un esaurimento emotivo, che può colpire anche i sacerdoti. Il rischio è quello di usare falsi palliativi anche per sconfiggere lutti e ferite del passato.

Padre José presenta la storia di Giona e di Giacobbe e infine il giovane ricco, che obbediva a tutti i comandamenti ma nell’ora decisiva preferì i suoi beni  invece dell’avventura aperta di vivere nella fiducia.

Nel pomeriggio di martedì 20 febbraio il predicatore ha affrontato il tema della “sete di Gesù sul Calvario” come  “prova della sua incarnazione” e “segno del realismo della sua morte”, e “la sete è così il sigillo del compimento della sua opera e, allo stesso tempo, del desiderio ardente di fare dono dello Spirito, vera acqua viva capace di dissetare radicalmente la sete del cuore umano”.

Il senso della sete di Gesù in sostanza è un rompere le catene che ci chiudono nella colpevolezza e nell'egoismo, impedendoci di avanzare e di crescere nella libertà interiore. La sua sete è “liberare le energie più profonde nascoste in noi perché possiamo diventare uomini e donne di compassione, artigiani di pace come lui, senza fuggire la sofferenza e i conflitti del nostro mondo spezzato, ma prendendovi il nostro posto e creando comunità e luoghi d'amore, così da portare una speranza a questa terra”.

 

 

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