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Il contributo dei cattolici nella Repubblica degli italiani

Il professor Agostino Giovagnoli |  | SB
Il professor Agostino Giovagnoli | | SB
La copertina del libro del professor Agostino Giovagnoli |  | Edizioni Laterza
La copertina del libro del professor Agostino Giovagnoli | | Edizioni Laterza

Nelle settimane scorse a Roma è stato presentato il libro ‘La Repubblica degli italiani. 1946-2016’ di Agostino Giovagnoli, professore di storia contemporanea all’Università Cattolica del ‘Sacro Cuore’ di Milano, che nella prefazione ha scritto: “Dopo la Seconda guerra mondiale, sulle rovine lasciate dal fascismo, dal disastro bellico, dal crollo politico-istituzionale, la Repubblica italiana nasceva sulla spinta di un fortissimo slancio ricostruttivo, cui contribuì anche un inedito coinvolgimento della Chiesa… La Repubblica italiana ha più di settant’anni.

Dopo il ventennio fascista e la tragedia della guerra, ci sono stati molti decenni di democrazia mentre la società italiana cambiava radicalmente. L’Italia ha acquistato un posto rilevante in Europa e nel mondo, e entrata nel gruppo dei paesi più sviluppati, e da terra di emigrazione e diventata terra di immigrazione. Il bilancio, dunque, è positivo sotto molti aspetti. Tra gli italiani, tuttavia, è diffusa l’insoddisfazione. I motivi non mancano: rallentamento della crescita economica, disoccupazione, invecchiamento della popolazione, sfiducia nella politica, inefficienze della pubblica amministrazione, crisi fiscale cronicizzata, problemi crescenti per la ricerca e l’innovazione, disastri idrogeologici, questioni ambientali.

Gli italiani sono insoddisfatti anche perché più divisi e meno partecipi di un destino comune. In realtà, sono venuti meno tanti elementi che li tenevano lontani gli uni dagli altri, come la mancanza di una lingua comune parlata da tutti, distanze geografiche superabili solo con grande difficoltà, radicale diversità di condizioni sociali e di situazioni economiche. Proprio durante i primi decenni della storia repubblicana, infatti, si è compiuta un’unificazione (culturale, sociale, amministrativa, ecc.) mai realizzata in precedenza. Mentre tramontavano i miti di omogeneità etnica alimentati dal fascismo, moltissimi italiani hanno smesso di essere solo gli abitanti della penisola, per diventare pienamente tali anche in senso storico e culturale”.

Partendo da questi spunti siamo riusciti a interloquire con il professore, chiedendogli di spiegarci quale è stato il genio del cristianesimo nella costruzione della democrazia in Italia: “Il genio del cristianesimo italiano ha contribuito al genio della Repubblica nello spingere all’incontro con l’altro: questo è stato qualcosa che ha profondamente radici cristiane, perché solo nel Vangelo possiamo leggere frasi radicali come ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ od ‘ama il tuo nemico’. Sono frasi che scavano in profondità e costruiscono una cultura: sono state fondamenta non sempre visibili, ma decisive nella storia della repubblica italiana”.

Perché la Chiesa in Italia si è impegnata nella costruzione della democrazia?

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“Credo che l’abbia fatto per il bene dell’Italia. In fondo nel 1929 la Chiesa aveva risolto i problemi con l’Italia attraverso la Conciliazione ed il Concordato con Mussolini. I problemi della Chiesa erano stati già risolti; è stata una scelta generosa, a mio avviso, quella di un impegno per ricostruire un Paese distrutto dalla guerra. L’Italia era un Paese che aveva bisogno di aiuto; e la Chiesa ha fatto la scelta di aiutare il Paese, aldilà del suo interesse immediato, ma solo per aiutare l’Italia a ritrovare la propria strada nel mondo”.

Scelta generosa od ‘ingerenza’, come dicono molti?

“In alcuni casi si può parlare di ‘ingerenze’, ma se guardiamo al dato complessivo del ‘dare’ e dell’ ‘avere’, non si può dire che la Chiesa abbia guadagnato dallo Stato italiano qualcosa di importante o decisivo. Ha, sì, guadagnato qualche agevolazione, ma, facendo un bilancio complessivo, tutto ciò è poco rispetto all’impegno che una realtà di prestigio internazionale come la Chiesa cattolica aveva. Perfino gli americani si sono rivolti al papa per chiedere il destino dell’Italia. Il papa aveva avuto in mano le sorti dell’Italia; avrebbe potuto dire: ‘Non me importa, fate voi’, ed il destino della nazione sarebbe stato molto peggiore. Invece il papa ha raccomandato di trattarla bene, perché ha garantito che l’Italia sarebbe diventata un pilastro di prim’ordine internazionale. Cosa che è avvenuta per merito degli italiani, ma anche grazie anche alla Chiesa”.

A Firenze, nell’ottobre del 1945, si svolse la Settimana sociale sul tema ‘Costituzione e Costituente’: perché fu scelto tale tema?

“La 19ª Settimana sociale dei cattolici italiani fu interamente dedicata al tema delle ‘istituzioni politiche’, alla vigilia di un dibattito costituente che doveva ridefinire i lineamenti dello stato italiano. A queste circostanze ‘oggettive’, va aggiunto anche un importante elemento ‘soggettivo’: i cattolici italiani si sentivano fortemente motivati ad intervenire su queste tematiche, come forse non è mai avvenuto in altri momenti della loro storia, né prima né dopo. La tragedia della Seconda guerra mondiale, da essi percepita come un grande ‘evento epocale’, ispirò in loro l’urgenza di affermare un nuovo orientamento politico-istituzionale, non solo in Italia ma in tutta Europa. Non a caso, comincia proprio nel 1945 la stagione più intensa di impegno politico dei cattolici, prevalentemente intorno all’esperienza, in vari paesi europei, di partiti politici democratico-cristiani. E questa Settimana coincide con un passaggio tra i più felici nel rapporto tra i cattolici e le istituzioni politiche, esempio indicativo di come sia più facile per i cattolici avere un impatto sulla vita politico-istituzionale nazionale a partire da convinti orientamenti di carattere internazionale. Tale impatto, infatti, si esercita in misura più sensibile non tanto quando si tratta di tradurre in posizioni politiche e produzione legislativa i propri valori specifici, ma piuttosto quando le ragioni profonde del proprio cattolicesimo diventano direttamente rilevanti per definire gli orientamenti generali della vita politica e dell’assetto dello Stato”. 

Quale influenza nei cattolici esercitarono Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira e Luigi Sturzo?

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“La loro influenza fu indubbiamente vastissima, anche se diversa, anzitutto per il differente ruolo che coprirono, e talvolta persino contraddittoria: sia Sturzo sia De Gasperi si trovarono più volte in contrasto con La Pira. Tutti e tre furono però anzitutto figure di grande spessore spirituale; tutti e tre furono convinti che i cattolici dovessero svolgere un ruolo di primo piano nella vita politica italiana. Capaci di scelte personalmente difficili, animati da una fede profonda che ne ha ispirato l’obbedienza all’autorità ecclesiastica anche in passaggi molto ardui, ebbero grande coraggio e, in un certo senso, anche grande fantasia nell’immaginare le strade che il cattolicesimo italiano poteva e doveva percorrere per dare un apporto, storicamente determinante, alla vita del paese”.

A questo punto quale sarà il compito dei cattolici per il futuro dell’Italia?

“Il compito dei cattolici è quello di riprendere questa generosità, non badando solo ad affermare se stessi e le proprie ragioni (legittime, ma non abbastanza generose). Oggi i cattolici sono una ‘riserva’ religiosa, morale, importantissima, di cui oggi l’Italia ne ha bisogno come ne aveva nel dopoguerra. Dunque, oggi i cattolici italiani devono lavorare non per affermare le proprie posizioni, ma per il bene comune, sostenendo anche le posizioni degli altri, laddove siano giuste e costruttive”.