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Il Papa al Meeting di Rimini: se siamo "smemorati" di Dio ci assale la paura

RImini, il Meeting |  | Meeting 2017
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“I titoli del Meeting invitano ogni anno a riflettere su aspetti dell’esistenza che il ritmo incalzante del quotidiano spesso fa mettere tra parentesi. Tutto sembra scivolarci addosso, presi come siamo dall’ansia di voltare pagina in fretta. La vita si frammenta e rischia di inaridirsi. Per questo è prezioso ogni tanto fermarsi per considerare i grandi interrogativi che definiscono il nostro essere umani e che è impossibile ignorare del tutto.”

Così il cardinale Pietro Parolin saluta il Meeting 2017 a nome di Papa Francesco.

Nel messaggio letto in apertura della edizione riminese del Meeting 2017 che quest’anno ha per tema una frase di Goethe «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo»  il cardinale scrive che “per troppo tempo si è pensato che l’eredità dei nostri padri sarebbe rimasta con noi come un tesoro che bastava custodire per mantenerne accesa la fiamma. Non è stato così: quel fuoco che ardeva nel petto di coloro che ci hanno preceduto si è via via affievolito”.

E in questo senso un limite della società è la scarsità di memoria. Un limite anche per la formazione delle nuove generazioni: “ come pensare di edificare il futuro senza prendere posizione riguardo alla storia che ha generato il nostro presente? Come cristiani non coltiviamo alcun ripiegamento nostalgico su un passato che non c’è più. Guardiamo piuttosto in avanti fiduciosi. Non abbiamo spazi da difendere perché l’amore di Cristo non conosce frontiere invalicabili. Viviamo in un tempo favorevole per una Chiesa in uscita, ma una Chiesa ricca di memoria, tutta sospinta dal vento dello Spirito ad andare all’incontro con l’uomo che cerca una ragione per vivere”.

Il cardinale ha ricordato la espressione di Papa Francesco dell“alzheimer spirituale”, cioè nel “dimenticare la storia del nostro rapporto personale con Dio, quel primo Amore che ci ha conquistati fino a farci suoi. Se diventiamo “smemorati” del nostro incontro con il Signore, non siamo più sicuri di niente; allora ci assale la paura che blocca ogni nostro movimento. Se abbandoniamo il porto sicuro del nostro legame con il Padre, diventiamo preda dei capricci e delle voglie del momento, schiavi dei “falsi infiniti”, che promettono la luna, ma ci lasciano delusi e tristi, alla ricerca spasmodica di qualcosa che riempia il vuoto del cuore”.

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Per reagire c’è la vita della Chiesa da vivere a pieno: “ Don Giussani ha lasciato un’immagine efficace di questo impegno che non possiamo disertare: «Per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita […]. Ma, a un certo punto, la natura dà al bambino, a chi era bambino, l’istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi. […] Deve dunque diventare problema quello che ci hanno detto! Se non diventa problema, non diventerà mai maturo […]. Portato il sacco davanti agli occhi, […] paragona quel che vede dentro, cioè quel che gli ha messo sulle spalle la tradizione, con i desideri del suo cuore: […] esigenza di vero, di bello, di buono. […] Così facendo, prende la sua fisionomia di uomo» (Il rischio educativo, Milano 2005, 17-19).”

Nessuna paura quindi della memoria ma  “Riguadagnare la propria eredità”  come “impegno a cui la Madre Chiesa chiama ogni generazione; e il Santo Padre invita a non  lasciarsi spaventare da fatiche e sofferenze, che fanno parte del cammino. Non ci è concesso guardare la realtà dal balcone, né possiamo rimanere comodamente seduti sul divano a vedere il mondo che passa davanti a noi in TV. Solo riguadagnando il vero, il bello e il buono che i nostri padri ci hanno consegnato, potremo vivere come un’opportunità il cambiamento d’epoca in cui siamo immersi, come occasione per comunicare in modo convincente agli uomini la gioia del Vangelo.”

La raccomandazione del Papa, scrive Parolin è ad “aguzzare la vista per scorgere i tanti segni − più o meno espliciti − del bisogno di Dio come senso ultimo dell’esistenza, così da poter offrire alle persone una risposta viva alle grandi domande del cuore umano. Anche quest’anno, i visitatori possano vedere in voi dei testimoni affidabili della speranza che non delude. Parlate loro con gli incontri, le mostre, gli spettacoli, e innanzitutto con la vostra stessa vita”.