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Il Papa, bisogna "civilizzare" il Mercato perché lo sfruttamento non è una fatalità

Papa Francesco  |  | OR/ ACI Papa Francesco | | OR/ ACI

“La diseguaglianza e lo sfruttamento non sono una fatalità”, il Papa lo ha ricordato nel suo discorso ai partecipanti all’Incontro promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali con Oducal sul tema: “Cambiare le relazioni tra mercato, stato e società civile”.

Per il Papa occorre porre attenzione all’”aumento endemico e sistemico delle diseguaglianze e dello sfruttamento del pianeta, che è maggiore rispetto all’aumento del reddito e della ricchezza”.

Non una fatalità, “perché dipendono, oltre che dai diversi comportamenti individuali, anche dalle regole economiche che una società decide di darsi”, anche perché “Se prevale come fine il profitto, la democrazia tende a diventare una plutocrazia in cui crescono le diseguaglianze e anche lo sfruttamento del pianeta”.

Altro tema caro al Pontefice “il lavoro non degno della persona umana”. Per creare lavoro  servono “persone aperte e intraprendenti” dice il Papa, “relazioni fraterne” e “ ricerca e investimenti nello sviluppo di energia pulita per risolvere le sfide del cambiamento climatico”.

Francesco si scaglia contro “le pressioni delle lobbies pubbliche e private che difendono interessi settoriali; e occorre anche superare le forme di pigrizia spirituale. Bisogna che l’azione politica sia posta veramente al servizio della persona umana, del bene comune e del rispetto della natura”.

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La sfida è chiara: “Andare oltre il modello di ordine sociale oggi prevalente, trasformandolo dall’interno” e “porsi al servizio dello sviluppo umano integrale. Non possiamo sacrificare sull’altare dell’efficienza – il “vitello d’oro” dei nostri tempi – valori fondamentali come la democrazia, la giustizia, la libertà, la famiglia, il creato. In sostanza, dobbiamo mirare a “civilizzare il mercato”, nella prospettiva di un’etica amica dell’uomo e del suo ambiente”.

Per il Papa si deve anche ripensare il ruolo dello Stato-nazione che “non può concepirsi come l’unico ed esclusivo titolare del bene comune non consentendo ai corpi intermedi della società civile di esprimere, in libertà, tutto il loro potenziale. Sarebbe questa una violazione del principio di sussidiarietà che, abbinato a quello di solidarietà, costituisce un pilastro portante della dottrina sociale della Chiesa. Qui la sfida è come raccordare i diritti individuali con il bene comune”.

Francesco ha concluso la sua riflessione con un pensiero di Charles Péguy per cui il ruolo specifico della società civile è paragonabile a quello che ha attribuito alla virtù della speranza: come una sorella minore sta in mezzo alle altre due virtù – fede e carità – tenendole per mano e tirandole in avanti. Così mi sembra sia la posizione della società civile: “tirare” in avanti lo Stato e il mercato affinché ripensino la loro ragion d’essere e il loro modo di operare.