Advertisement

Il Papa e Chiara, storia di una amicizia profetica tra Paolo VI e la Lubich

La copertina del libro  |  | focolare.org La copertina del libro | | focolare.org

"Per me il Papa non è morto, ha cambiato sede: dalla cattedra di Pietro dalla quale vigilava anche su di noi e ci proteggeva, alla presenza di Dio dove non può non continuare a proteggerci con quell'amore sensibile, fattivo, materno, costante di cui ci aveva colmati quando era su questa terra". Parole di Chiara Lubich, fondatrice dell’ Opera di Maria, il Movimento dei Focolari alla morte di Papa Palo VI.

Quali siano stati i rapporti tra Paolo VI, Giovanni Battista Montini, ora beato e Chiara Lubich è facile capirlo da questa frase, ma ancora meglio lo si conosce grazie ai testi raccolti nel libro: “ La profezia di una Chiesa che si fa dialogo.” 
Una storia che risale a ben prima della stagione del Vaticano II e che ha avuto un seguito anche dopo la metà degli anni Sessanta, in un periodo che ha visto la crescita e l'affermazione all'interno della Chiesa cattolica di numerosi movimenti ecclesiali. Dall'analisi di documenti d'archivio inediti emerge il profondo legame tra Chiara Lubich e Giovanni Battista Montini, il quale, fin dagli anni del servizio in Segreteria di Stato e durante il suo pontificato, seppe valorizzare e incoraggiare la dimensione cristocentrica, fraterna ed ecumenica del carisma del Movimento dei Focolari.

 A ricordare alcuni dei momenti più significativi di questa amicizia è Maria Voce che oggi guida la grande famiglia dell’Opera di Maria. Della prima udienza privata concessale da Paolo VI il 31 ottobre 1964, Chiara descrive con parole e accenti toccanti l’esperienza dell’incontro con il pontefice: “Quanta sapienza, quanta apertura, che cuore largo! Rappresentavo e portavo un’Opera nuova nata nella Chiesa, con novità sia nella sua spiritualità, sia nella sua struttura. Ma lì non c’erano difficoltà”.

Nella introduzione al volume Maria Voce ricorda anche il carteggio avuto a proposito del patriarca Athenagoras di Costantinopoli.: “Chiara infatti, dal 1967 al 1972, compie ripetuti viaggi al Fanar per incontrare il patriarca, dato l’interesse e l’amore di questi per il Movimento. In più occasioni la Lubich ha raccontato al pontefice la profonda confidenza spirituale che ne era nata e come il patriarca le comunicava i suoi pensieri e i suoi progetti, le esprimeva la sua costante preghiera a Dio per arrivare «all’unico calice», il suo amore straordinario e la cura per la persona di Paolo VI, tanto che pregava Chiara di trasmettere a lui anche molte raccomandazioni per la sua salute. Di tutto ciò Chiara informava il papa, che regolarmente le rispondeva.

In una di queste lettere possiamo leggere: «Diciamo quanto conforto, quanta edificazione, quanta speranza abbiano recato al nostro spirito le notizie che ella ci comunicava in seguito alle sue conversazioni con il venerando patriarca Athenagoras».” E del resto uno dei carismi dell’ Opera è proprio quello dell’unità.

Advertisement

E c’è ancora una decisione importante del Papa che certo ha avuto sostegno nella amicizia con Chiara Lubich, quella di ammettere la partecipazione di donne (10 religiose e 13 laiche) al Concilio come uditrici. E “Nel 1970- scrive Maria Voce- con una storica decisione è ancora lui che eleva a dottore della Chiesa – titolo da sempre accordato solo agli uomini – le prime due donne: Caterina da Siena e Teresa d’Avila.”

Il volume nasce dalla collaborazione dell’Istituto Paolo VI di Brescia con il  Centro Chiara Lubich  e raccoglie gli interventi tenuti a Castel Gandolfo il 7-8 novembre 2014, nel corso di un incontro di studio che si è svolto a pochi giorni dalla solenne cerimonia di beatificazione di Paolo VI il 19 ottobre 2014. “I lavori delle Giornate di Studio di Castel Gandolfo- scrive don Angelo Maffeis presidente dell’Istituto Paolo VI- hanno proposto all’attenzione dei partecipanti un tema nuovo, non ancora trattato negli incontri di studio finora promossi dall’Istituto Paolo VI. Si tratta, tuttavia, di un tema che alla novità unisce un grande interesse al fine di rendere possibile una più adeguata comprensione del pontificato di Paolo VI, così come delle stagioni precedenti della sua attività pastorale, nel corso delle quali si è preparato al compito per cui è stato chiamato il 21 giugno 1963.”

E ricorda un episodio. Ventimila giovani del Movimento Gen, il 2 marzo 1975 nella Basilica Vaticana, incontrano Paolo VI e il Papa indica la parola di Gesù, «unico è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8), E poi aggiunge : “.Abbiate la saggezza e il coraggio di arrivare a questa conclusione, ch’è la radice della socialità cristiana. È spesso sconcertante osservare come molti, che si dicono seguaci del Vangelo, siano incapaci di dedurre dal Vangelo stesso una socialità fondata sull’amore. Temono forse, armati solo del Vangelo, d’essere deboli, astratti, inetti nella grande missione di rendere fratelli gli uomini; e pensano di trovare principii e forze supplementari andando a cercarne l’efficacia a scuole materialiste ed atee, che traggono dalla lotta di uomini contro uomini la loro logica e la loro energia. Sono cotesti dei surrogati contraddittori per educare il mondo moderno ad una socialità giusta e fraterna. Voi, Generazione nuova, siate fedeli e coerenti. Se avete scelto Cristo per vostro Maestro, fidatevi di lui e della Chiesa, che a voi lo conduce e lo presenta. Dimostrate con i fatti la forza realizzatrice della carità, dell’amore sociale, instaurato dal Maestro. Sarà un’esperienza, sì, nuova e generatrice d’un mondo più giusto e più buono».

Il volume: “Paolo VI e Chiara Lubich. La profezia di una Chiesa che si fa dialogo”, è curato da Paolo Siniscalco e Xenio Toscani, ed è edito da Studium.