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Il Papa in Africa, attese e speranze

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"Il Centrafrica è un paese dimenticato in cui la popolazione sopporta atroci sofferenze. La visita del Papa rappresenta la speranza di un futuro migliore sia per i cristiani che per i musulmani. Un’occasione per spezzare una catena interminabile di violenze". Così afferma Christine du Coudray, responsabile internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre per l’Africa francofona, appena rientrata da un viaggio in Repubblica Centrafricana.

Di ritorno dal paese africano, la delegazione internazionale di ACS riferisce di una situazione altamente instabile, specie nella periferia della capitale Bangui. Un’instabilità che ora più che mai aumenta le attese per l’arrivo di Papa Francesco che per la popolazione locale costringerà finalmente il mondo a volgere lo sguardo verso il dramma centrafricano.

"Il Santo Padre porterà un messaggio di pace, riconciliazione e soprattutto misericordia", dichiara ad ACS l’arcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonné Nzapalainga. "È il segno di Dio che viene in mezzo a noi attraverso il suo messaggero. Francesco è il Papa dei poveri, che viene a visitare un paese povero e abbandonato".

Dal 2013 ad oggi, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato oltre 2milioni di euro alla Chiesa centrafricana, che in questa lunga crisi ha giocato un ruolo fondamentale  sostenendo tanto i cristiani che i musulmani. "Senza la presenza della Chiesa la situazione oggi sarebbe ben più instabile - aggiunge Christine du Coudray - Sacerdoti, religiosi e religiose sono largamente rispettati ed ammirati anche dalla comunità islamica, perché nonostante i gravi rischi non hanno mai abbandonato il popolo centrafricano".

Grandi aspettative circondano anche la visita in Kenya, la prima nazione africana a ricevere il pontefice. Una nazione a maggioranza cristiana - i cristiani sono oltre l’80%, i cattolici il 33% - dove aumentano tuttavia le tensioni interreligiose e dove negli ultimi anni non sono mancati atti terroristici, come la strage all’Università di Garissa dello scorso aprile. Una delegazione di ACS ha da poco visitato numerose diocesi keniote e raccolto le testimonianze della popolazione e di esponenti della Chiesa locale. "Due le principali sfide secondo i leader cattolici - riferisce Tony Zender, responsabile dei progetti di ACS in Kenya - La prima è la crescente influenza del fondamentalismo islamico nella società, soprattutto nel Nord del paese. La seconda è la lotta alla povertà, da combattersi anche attraverso l’accesso all’acqua potabile e l’energia elettrica". Queste alcune delle problematiche che da domani saranno poste all’attenzione di Papa Francesco dalla Chiesa locale, assieme alle minacce alla famiglia e alla necessità di strutturare maggiormente la fede dei giovani.

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Infine l’Uganda, dove "la violenza sperimentata in passato ha permesso l’emergere di una Chiesa giovane e piena di speranze". È quanto dichiara ad ACS monsignor John Baptist Kauta, segretario generale della Conferenza episcopale ugandese. Prendendo spunto dal motto della visita, Mi sarete testimoni, monsignor Kauta invita tutti i suoi fedeli a testimoniare una fede viva. "Il Papa stesso rappresenta un ottimo esempio di testimonianza: con la sua vita semplice risveglia la fede nelle persone e ci dimostra che è sempre possibile migliorare". Il presule auspica che la presenza di Francesco possa migliorare anche i rapporti con i musulmani. "Rappresentanti la comunità islamica sono già venuti a trovarci per porgere gli auguri per la prossima visita del Santo Padre ed esprimere la propria stima nei confronti del pontefice".