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Il Papa: "Non ci accontentiamo della pochezza della politica"

Papa Francesco |  | CTV Papa Francesco | | CTV

“Da Papa Pio XII fino ad oggi, i pontefici che si sono succeduti hanno sempre fatto riferimento alla politica come alta forma della carità. Si potrebbe tradurre anche come servizio inestimabile di dedizione per il conseguimento del bene comune della società. La politica è prima di tutto servizio; non è serva di ambizioni individuali, di prepotenza di fazioni e di centri d’interessi”. Lo ha detto il Papa nel videomessaggio inviato all’evento organizzato a Bogotà dal CELAM e dalla  Pontificia Commissione per l’America Latina, dal titolo “L’incontro dei laici cattolici che si assumono responsabilità politiche al servizio dei popoli dell’America Latina”.

La politica - ricorda il Papa - “non è neppure padrona, pretendendo  di regolare tutte le dimensioni della vita delle persone e ricadendo addirittura in forme di autocrazia e totalitarismo. E quando parlo di autocrazia e di totalitarismo non sto parlando del secolo passato, sto parlando di oggi, del mondo di oggi, e forse anche di qualche paese dell’America Latina”. 

Gesù - ammonisce Francesco - “è venuto a servire e non a essere servito e il servizio che il Signore esige dai suoi apostoli e discepoli è per analogia il tipo di servizio che si chiede ai politici. È un servizio di sacrificio e di dedizione, al punto che a volte si possono considerare i politici come martiri di cause per il bene comune delle loro nazioni”.

In questo senso - aggiunge il Pontefice - “il potere deve essere ordinato al servizio per non degenerare. Ogni potere non ordinato al servizio degenera. Tutti sentiamo il bisogno di riabilitare la dignità della politica. C’è bisogno di dirigenti politici che vivano con passione il proprio servizio ai popoli; politici che antepongano il bene comune ai loro interessi privati, che non si lascino intimorire dai grandi poteri finanziari e mediatici, che siano competenti e pazienti di fronte a problemi complessi, che siano aperti ad ascoltare e imparare nel dialogo democratico, che coniughino la ricerca della giustizia con la misericordia e la riconciliazione.  Non ci accontentiamo della pochezza della politica: abbiamo bisogno di dirigenti politici capaci di mobilitare vasti settori popolari inseguendo grandi obiettivi nazionali e latinoamericani”.

L’America Latina - prosegue Papa Francesco - non può “trascurare un’educazione integrale, che comincia nella famiglia e si sviluppa in una scolarizzazione per tutti e di qualità. Occorre rafforzare il tessuto familiare e sociale.  Una cultura d’incontro deve rafforzare i vincoli fondamentali di umanità e di sociabilità e gettare solide fondamenta per un’amicizia sociale che si lasci alle spalle le tenaglie dell’individualismo e della massificazione, della polarizzazione e della manipolazione. Dobbiamo incamminarci verso democrazie mature, partecipative, senza le piaghe della corruzione o delle colonizzazioni ideologiche, o le pretese autocratiche e le demagogie a buon mercato. Prendiamoci cura della nostra casa comune e dei suoi abitanti più vulnerabili, evitando ogni tipo d’indifferenza suicida e di sfruttamento selvaggio”.

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E citando l’appello lanciato ad Aparecida da Papa Benedetto XVI, Francesco rilancia la richiesta del suo predecessore, denunciando “la notevole assenza, nell'ambito politico di voci e di iniziative di leader cattolici di forte personalità e di dedizione generosa, che siano coerenti con le loro convinzioni etiche e religiose”.  

I politici cattolici - dice ancora il Papa - non sono chiamati a fare “proselitismo attraverso la politica”. I pastori invece - rimarca concludendo Francesco - hanno commesso l’errore di creare una “élite laicale credendo che sono laici impegnati solo quelli che lavorano in cose di preti, e abbiamo dimenticato, trascurandolo, il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede. Sono queste le situazioni che il clericalismo non può vedere, perché è più preoccupato a dominare spazi che a generare processi. Dobbiamo pertanto riconoscere che il laico per la sua realtà, per la sua identità, perché immerso nel cuore della vita sociale, pubblica e politica, perché partecipe di forme culturali che si generano costantemente, ha bisogno di nuove forme di organizzazione e di celebrazione della fede”.