Commentando la Lettura del Libro di Neemia, stamane a Santa Marta Papa Francesco è tornato a parlare della “nostalgia dei migranti” che “sono lontani dalla Patria e vogliono tornare”.

Il rientro verso Gerusalemme - aggiunge Francesco secondo quanto diffuso dalla Radio Vaticana - “era un viaggio per ritrovare le radici del popolo”che “si erano indebolite”, recuperarle “significa riprendere l’appartenenza a un popolo. Senza le radici non si può vivere: un popolo senza radici o che lascia perdere le radici, è un popolo ammalato. Una persona senza radici, che ha dimenticato le proprie radici, è ammalata. Ritrovare, riscoprire le proprie radici e prendere la forza per andare avanti, la forza per dare frutto”.

C'è anche chi nel cammino del ritorno si arrende. “Le resistenze - spiega il Pontefice - sono di quelli che preferiscono l’esilio, e quando non c’è l’esilio fisico, l’esilio psicologico: l’auto-esilio dalla comunità, dalla società, quelli che preferiscono essere popolo sradicato, senza radici. Dobbiamo pensare a questa malattia dell’auto-esilio psicologico: fa tanto male. Ci toglie le radici. Ci toglie l’appartenenza”. Chi ritrova le proprie radici è “in gioia e questa gioia è la forza. Dal pianto di tristezza al pianto di gioia; dal pianto di debolezza per essere lontani dalle radici, lontani dal loro popolo, al pianto di appartenenza: sono a casa”.