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In missione per conto del Papa

Mons. Segundo TECADO MUÑOZ a Erbil  | Mons. Segundo TECADO MUÑOZ a Erbil  | Daniel Ibañez/CNA Mons. Segundo TECADO MUÑOZ a Erbil | Mons. Segundo TECADO MUÑOZ a Erbil | Daniel Ibañez/CNA

In Iraq a nome del Papa per riaccendere i riflettori sul dramma dei profughi. La missione di Cor Unum che per tre giorni ha portato ad Erbil e  Duhok una delegazione vaticana e alcuni giornalisti, con un dono particolare da parte di Papa Francesco che da tempo pensa ad un viaggio nella regione. Una immagine della Madonna che scioglie i nodi, particolarmente venerata da Bergolgio che la conobbe durante la sua permanenza in Germania.

Il sottosegretario del dicastero della Curia preposto alla carità del Papa, monsignor Secundo Tejado Muñoz, ha guidato la missione.

“ Tutti i problemi del Medio Oriente sono tanti nodi, legati tra loro che si sono annodati durante gli anni e che solo una testimone della Resurrezione come la Vergine Maria può sciogliere.” Dice al rientro del viaggio.

Lo scopo del viaggio qual è stato?

Un modo di manifestare la preoccupazione del Papa, che parla spesso negli ultimi tempi del dramma che si sta vivendo in questa zona. E’ stato un viaggio in collaborazione con la Congregazione delle Chiese orientali e lo scopo è anche stato quello di coordinare le varie agenzie cattoliche, le Caritas locali e altre organizzazioni umanitarie ecclesiale e non che sono molte e operano insieme.

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Qual è oggi la situazione delle famiglie?

Si vive un pericolo reale. Nel nostro viaggio abbiamo toccato con mano, molte famiglie cristiane hanno dovuto lasciare Mosul e la piana di Ninive, luoghi dove c’e una tradizione cristiana millenaria, dalla mattina alla sera senza sapere dove andare.

La Chiesa ha un punto di vista sempre molto reale della situazione. E la situazione oggi è che ci sono milioni di profughi che non sanno che fare e hanno perso la speranza. Non hanno futuro, è questa anche la sfida. Non solo una emergenza umanitaria, ma anche un tipo di evangelizzazione che possa riportare la speranza.

Ma i fondi arrivano?

Non più tanto. E questo è un problema molto serio. Ne abbiamo parlato anche con il commissario delle Nazioni Uniti in Iraq. E le necessità non diminuiscono, anzi crescono. Ecco lo scopo del nostro viaggio è stato anche questo: richiamare all’impegno per la solidarietà verso queste famiglie. Gente che è dovuta fuggire con niente in mano e ora si trova in una situazione di rabbia, dolore, umiliazione. Dover lasciare tutto, vita, lavoro, casa, è durissimo. In molti sono preoccupati anche per un ritorno nelle città di origine. Magari sono stati i vicini che li hanno denunciati o minacciati all’arrivo dei miliziani.

Ecco anche perché non hanno speranza. E quindi abbiamo portato loro la speranza. Il vescovo locale ha parlato con noi dell’aspetto spirituale. La nostra missione ha significato anche questo: nonostante la gente viva in una situazione di morte, di abbandono, di esilio, possono sperare.

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Tra i progetti ci sono anche quelli della Chiesa cattolica in Italia?

Si in particolare c’è il progetto di far affittare delle case alle famiglie per poter dare loro una vita dignitosa, molti però sono nei campi, divisi per famiglie. E oltre i cattolici, i cristiani ci sono yazidi e anche islamici.

Prossimi progetti di Cor Unum?

Il prossimo viaggio sarà a Damasco sempre per coordinare le agenzie cattoliche. E’ una rete immensa che deve essere organizzata. E’ tutto parte di un unico progetto che vuole mettere al centro dell’attenzione le necessità di questa gente senza che nessuno li dimentichi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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