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Inaugurata la “casa della Santa Sede” a Minsk

Nunziatura di Minsk | L'esterno della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunziatura di Minsk | L'esterno della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunziatura di Minsk | Lo stemma episcopale del nunzio in Belarus, l'arcivescovo Gabor Pinter | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunziatura di Minsk | Lo stemma episcopale del nunzio in Belarus, l'arcivescovo Gabor Pinter | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunziatura di Minsk | Una delle sale della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunziatura di Minsk | Una delle sale della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunz | Porta con lo stemma vaticano all'interno della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa
Nunz | Porta con lo stemma vaticano all'interno della nunziatura di Minsk | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

Una “casa” per la Santa Sede, con gli arredi sacri in pietra rossa a simboleggiare i sacrifici del popolo locale e il sangue di Cristo, posta nel cuore della città, ma allo stesso tempo in una zona residenziale e silenziosa: si presenta così la nunziatura della Santa Sede a Minsk, inaugurata il 4 ottobre dall’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato.

Ci sono voluti un anno e mezzo di lavori, la cui realizzazione è stata ereditata e portata a termine dall’arcivescovo Gabor Pinter, ungherese poliglotta che dal maggio 2016 ha preso il suo primo incarico come “ambasciatore del Papa” in questo Paese che si chiama Bielorussia, ma che in realtà dovrebbe essere chiamato Belarus, nel suo nome originale, per rimarcare la sua appartenza alla Rus’ di Kiev, questa sorta di confederazione leggera che metteva insieme i territori di Ucraina, Lituania, Bielorussia, Lettonia e Polonia.

Perché in Belarus si sta lavorando per ricreare una identità di popolo, un po’ oscurata dagli anni di dominio sovietico, da una indipendenza arrivata quasi troppo in freta, ma anche dallo stretto legame con la Russia. Un legame non solo economico, ma anche religioso, dato che in Bielorussia la Chiesa ortodossa non è autocefala, ma dipende direttamente da Mosca. È per questo che nessun Papa è ancora andato a Minsk: sarebbe come andare in territorio russo, come andare a Mosca. Ed è per questo che Minsk si propone come ponte tra l’Europa e la Russia, con un lavoro cui la Chiesa non è estranea.

Così, alla cerimonia di inaugurazione della nunziatura c’è anche il metropolita Pawel, che ha pure presenziato all’apertura dei lavori della Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, che si è tenuto la scorsa settimana nella capitale del Belarus.

Ci sono tutti questi temi sullo sfondo del discorso dell’arcivescovo Becciu, che mette in luce come nel Paese ci sia “una nutrita presenza di cattolici locali” che non fa sentire la Santa Sede straniera presso il popolo bielorusso. Si festeggiano i 25 anni di relazioni diplomatiche, ed è un felice caso che questo avvenga nell’anno in cui si celebrano anche i 500 anni della pubblicazione del primo libro stampato in Bielorusso, la Bibbia di Francesco Skavyna, ricordata dal numero due della Segreteria di Stato.

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L’arcivescovo Becciu sottolinea che l’edificio della nunziatura ha “voluto sposare questa terra attraverso una struttura sobria e lineare”, una casa situata in mezzo ad altre case, ma vicina a punti nevralgici e storici della città, a testimoniare che la Santa Sede vuole dare “massima attenzione” alla Bielorussia, “collaborando al bene e allo sviluppo di questo amato popolo”.

Attraverso il suo delegato, il Papa manda il ringraziamento ai cattolici di Bielorussia per il gande lavoro svolto. Un lavoro anche ecumenico, considerando che i rapporti tra cattolici ed ortodossi sono ottimi, e anche i matrimoni misti sono moltissimi, ha ricordato ad ACI Stampa l’arcivescovo Kondrusiewicz di Minsk.

L’arcivescovo Becciu tocca il tema dell’ecumenismo del sangue, ricorda che “nel passato, insieme ai fratelli e alle sorelle ortodosse e di altre fedi, persecuzioni e grandi sofferenze sono state patite nel nome di Dio”, e oggi nel nome di Dio la Chiesa sente “la pressante chiamata a contribuire ad un avvenire di comunione, costruendo ponti di fraternità e di pace”.

Il sostituto conferma l’impegno della Santa Sede “a perseguire, con uno stile discreto e propositivo, la cultura dell’incontro”, senza la quale “la diplomazia stessa risulta vana”, perché “quando ragioni e interessi di parte ostacolano le aperture tra i popoli e gli Stati, alzando, anziché abbassare, barriere che provocano isolamento ed emarginazione, la diplomazia dichiara la propria sconfitta”.

L’arcivescovo Becciu poi mette in luce come il Belarus sia “parte rilevante” dell’anima europea, auspica che vi possa contribuire “apportandovi tesori preziosi e spesso nascosti della sua gente”, come l’importanza della famiglia, il coraggio, e la capacità di comporre tensioni in modo pacifico.

Ma il Belarus ha anche tante ferite, ricorda il prelato vaticano, date da eventi tragici come anche la persecuzione degli ebrei sul territorio e le ferite della guerra.

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La presenza della Santa Sede in terra bielorussa è dunque – conclude l’arcivescovo Becciu – “la garanzia del suo impegno affinché la tutela e la promozione della dignità, della libertà e dei diritti di questo popolo e di ciascuna persona ne traggano beneficio, qui e al di fuori”.

E il pensiero dell’arcivescovo è andato anche “alla vicina Ucraina”, una situazione che ci conferma “ulteriormente nel dovere di non desistere da ogni sincero sforzo volto al bene primario di una pace stabile e duratura”.