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Indios, campesinos ai piedi di Maria e nel cuore dei Pontefici in attesa di Francesco

Una celebrazione nel santuario della Una celebrazione nel santuario della " Morenita" | | Michelle Bauman

“Gli indigeni: certamente questo è un problema di giustizia sociale perché sono loro i primi signori di questa terra e molte volte vengono trattati come minoranze degradate. Qui certamente la giustizia sociale domanda che siano trattati con gli stessi diritti, diritti economici, diritti sociali, diritti culturali, che possano studiare, che possano arrivare ad avere posti di rilievo nella società. Altra cosa è fare di questo un programma di lotta sociale; è una lotta etica.”

Così Giovanni Paolo II nell’ aereo che lo portava in Guatemala nel 1996 rispondeva ad un giornalista a proposito della questione degli indigeni. Non era certo la sua prima presa di posizione sulla questione.

La beatificazione prima e la canonizzazione poi dell’indio Juan Diego, il santo della Morenita hanno significato molto per la gente latinoamericana, ma la strada della completa integrazione è ancora lunga.

Alla vigilia del viaggio di Papa Francesco in Messico dal 12 al 18 febbraio prossimi è importante rileggere quale sia stato l’impegno dei pontefici precedenti proprio per gli indigeni di questo continente.

“In particolare - disse Giovanni Paolo II nel 2002 a Città del Messico- è necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascun gruppo etnico. Il Messico ha bisogno dei suoi indigeni e gli indigeni hanno bisogno del Messico!”.

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Nel 1990 Giovanni Paolo II celebrò la messa a Tuxtla Gutiérrez, nella stessa città dove andrà anche Papa Francesco il prossimo 15 febbraio e dove pranzerà con una rappresentanza di famiglie indios.

Giovanni Paolo II aveva ascoltato il dolore del Chiapas: “Di fronte a tanta ingiustizia, dinanzi a tanto dolore. davanti a tanti problemi, un uomo può arrivare a sentirsi dimenticato da Dio. Voi stessi, fratelli miei, avrete qualche volta potuto provare simili sentimenti: la durezza della vita, la scarsità dei mezzi, la mancanza di opportunità per migliorare la vostra formazione e quella dei vostri figli, i continui attacchi contro le vostre culture tradizionali e tante altre ragioni che potrebbero portare allo scoraggiamento. Più ancora potrebbero sentirsi dimenticati quanti hanno dovuto abbandonare le proprie case, i propri luoghi di origine, in un’affannosa ricerca del minimo indispensabile per continuare a vivere”.

Nel 1979 Giovanni Paolo II era andato in Messico per la prima volta. Un viaggio epico che era già stato immaginato da Paolo VI. E sulle orme di Papa Montini Wojtyla incontrò indios e campesinos il 29 gennaio a Cuilapan nella diocesi di Oaxaca il Papa soprattutto ai secondi: “Il depresso mondo rurale, il contadino che con il suo sudore irriga anche il suo sconforto, non può più aspettare che si riconosca in modo pieno ed efficace la sua dignità, non inferiore a quella di qualsiasi altro settore sociale. Ha diritto che lo si rispetti; che non lo si privi, con manovre che a volte equivalgono a vere spogliazioni, del poco che possiede; che non si impedisca la sua aspirazione a partecipare direttamente alla sua propria elevazione. Ha diritto che cadano le barriere di sfruttamento, spesso fatte di egoismi intollerabili e contro le quali vanno in pezzi i suoi migliori sforzi di promozione. Ha diritto all’aiuto efficace, che non sia elemosina o briciole di giustizia, perché possa accedere allo sviluppo che merita la sua dignità di uomo e di figlio di Dio. Perciò c’è bisogno di una realizzazione pronta e in profondità. Bisogna porre in atto trasformazioni audaci, profondamente innovatrici. Bisogna intraprendere riforme urgenti, senza aspettare oltre (Paolo VI, Populorum Progressio, 32). Non si può dimenticare che le misure da prendere devono essere adeguate. La Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato. E se il bene comune lo esige, non c’è da dubitare davanti alla stessa espropriazione, fatta nella debita forma”.

Il problema indio e quello dei campesinos in America Centrale si intreccia con diverse realtà che oggi sono aggravate dai problemi migratori, del traffico di droga e della delinquenza che diventa una guerriglia soprattutto in Chiapas.

Il tema indigeno è stato affrontato da Benedetto XVI ad Aparecida davanti alle conferenze episcopali di tutta l’ America Latina nel 2007:

“Resta, Signore, con quelli che nelle nostre società sono più vulnerabili; resta con i poveri e gli umili, con gli indigeni e gli afroamericani, che non sempre hanno trovato spazio e appoggio per esprimere la ricchezza della loro cultura e la saggezza della loro identità”.

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In Messico Benedetto XVI andò nel 2012 e il viaggio fu centrato soprattutto sul rafforzamento della fede, ma lo sguardo del Papa andò anche ai poveri, agli ultimi a quella carità: “in questi giorni chiederò vivamente al Signore e alla Vergine di Guadalupe che questo popolo faccia onore alla fede ricevuta e alle sue migliori tradizioni; e pregherò specialmente per coloro che più ne hanno bisogno, particolarmente quanti soffrono a causa di antiche e nuove rivalità, risentimenti e forme di violenza. Già so che mi trovo in un Paese orgoglioso della sua ospitalità e desideroso che nessuno si senta estraneo nella sua terra. Lo so, già lo sapevo, però ora lo vedo e lo sento in modo molto profondo nel cuore. Spero con tutta la mia anima che lo sentano anche tanti messicani che vivono fuori della propria patria natìa, ma che mai la dimenticano e desiderano vederla crescere nella concordia e in un autentico sviluppo integrale”.

La questione teologica, sociale, ecclesiale degli indios in America Latina è ancora aperta.

La giustizia sociale soprattutto rimane una questione gravissima, mentre sembra ormai superata quelle che aveva infiammato la teologia della liberazione che alcuni volevano declinare in teologia india.

Rimane ancora viva la riflessione che Giovanni Paolo II faceva nel 1988 a tavola con i vescovi dell’ Uruguay: “Per me è una meraviglia che questi popoli indios che hanno la loro lunga storia, preistoria si può dire, hanno accettato il Vangelo, non hanno accettato la civilizzazione dell’Europa, anzi l’hanno rifiutata. Ma l’evangelizzazione si, hanno accetto Cristo. E per me è un grande problema, per la Chiesa missionaria è un grande tema: qual è la ragione per cui i popoli indigeni delle Americhe hanno accettato la evangelizzazione e il Vangelo mantenendo la loro cultura precedente, la loro tradizione culturale”.