"Questa norma è una delle più discriminatorie, perché totalmente irrispettosa della civilizzazione dell’Iraq. La legge rappresenta una minaccia all’unità della nostra nazione, al pluralismo religioso e al principio di accettazione della diversità dell’altro". Così il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako in un comunicato inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre. La norma cui fa riferimento il prelato iracheno è la legge sulla Carta di identità nazionale approvata dal parlamento iracheno il 27 ottobre scorso. Nelle prossime ore il presidente iracheno, Fouad Masoum, dovrà decidere se approvare il testo, rigettarlo oppure richiedere alcuni emendamenti. Ed una modifica è stata richiesta a gran voce dai leader delle minoranze religiose del paese, Chiese cristiane in primis.

La modifica – negata dal Parlamento con 51 voti a favore e 137 contrari – riguardava il punto n. 26 della norma, nel quale è scritto che "i minori devono seguire la religione del genitore convertito all’Islam". Ciò significa che se uno dei genitori si converte all’Islam, oppure se la madre si sposa in seconde nozze con un musulmano, i figli minorenni - cristiani o appartenenti ad altra minoranza religiosa - diverranno automaticamente musulmani. Ieri centinaia di appartenenti alle minoranze religiose hanno manifestato davanti alla sede della missione Onu ad Erbil chiedendo al Presidente di non approvare la legge. "Se la norma entrerà in vigore - continua il patriarca Sako – faremo sentire la nostra voce in tutto il mondo, così che l’Assemblea dei deputati irachena ne risponda davanti al tribunale internazionale".

La protesta ha visto l’adesione di numerosi parlamentari, uno dei quali ha dichiarato ad ACS: "Questa legge non rappresenta una novità, norme simili erano in vigore già in passato. Ma è grave che nel XXI secolo si compiano tali violazioni dei valori democratici".

Come ha spiegato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre Pascale Warda, già ministro iracheno per le politiche migratorie e fondatrice della Società Irachena per i Diritti Umani, un provvedimento simile è infatti presente nel Codice civile iracheno (art. 21, comma 3), nel quale è stabilito che "i figli di un genitore convertito all’Islam, devono essere automaticamente registrati come musulmani, anche nel caso in cui il genitore in questione li ha abbandonati". "Leggi come questa rappresentano un attacco legalizzato alla libertà religiosa delle minoranze", afferma la Warda che riferisce del caso di un uomo cristiano, obbligato a convertirsi all’Islam dalla famiglia di una ragazza musulmana che aveva riaccompagnato a casa. Nonostante l’uomo fosse sposato, il matrimonio cristiano è stato dichiarato nullo e i suoi figli immediatamente registrati come musulmani. "Episodi come questo in Iraq, non sono teoria, sono la realtà".