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La Chiesa ringiovanisce grazie alla comunione ai carismi e alla gerarchia

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Con il Concilio Vaticano II nasce una nuova realtà ecclesiale, quella dei movimenti. Non che associazione di laici e religiosi non ci fossero già da tempo, ma certo lo spazio dato ai laici nella ecclesiologia conciliare permise un fiorire dello Spirito che ha creato molte nuove realtà.

La questione che si è posta immediatamente è stato come queste nuove realtà dovevano essere in relazione con la gerarchia ecclesiale che il Concilio aveva riproposto in modo nuovo certo, ma sempre nel solco della tradizione.

La questione non è semplice e diversi Papi hanno affrontato il tema, soprattutto a partire dal 1998 quando Giovanni Paolo II volle un grande incontro dei movimenti, e successivamente da Benedetto XVI. Papa Francesco ha incontrato singolarmente alcuni movimenti, ma con un occhio più attento all’aspetto gerarchico alla scuola di Sant’ Ignazio.

Oggi dopo diciotto anni dal profetico incontro di Piazza San Pietro, dopo tanta vita di movimenti che hanno portato un nuovo slancio anche missionario alla Chiesa, arriva un documento della Congregazione della Dottrina della Fede che mette in ordine la questione  e aiuta sia i movimenti che le gerarchie per poter vivere al meglio qual vento dello Spirito che soffia sempre dove vuole.

Il testo ha un titolo molto significativo: La Chiesa ringiovanisce.

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Si parla di doni carismatici, tema molto caro a Papa Francesco, ma anche della necessaria obbedienza ai pastori, e anche di come non si debba contrapporre la Chiesa istituzionale da quella che viene definita la Chiesa della carità.

La parte più significativa del documento è quella dedicata la discernimento dei carismi. Molte infatti sono le associazioni laicali e non che nascano in ogni parte del mondo.

Cosa li rende parte della Chiesa? Un impegno dell’autorità ecclesiastica secondo criteri specifici: essere strumento di santità nella Chiesa; impegnarsi nella diffusione missionaria del Vangelo; confessare pienamente la fede cattolica; testimoniare una comunione fattiva con tutta la Chiesa, accogliendo con leale disponibilità i suoi insegnamenti dottrinali e pastorali; riconoscere e stimare le altre componenti carismatiche nella Chiesa; accettare con umiltà i momenti di prova nel discernimento; avere frutti spirituali come carità, gioia, pace, umanità; guardare alla dimensione sociale dell’evangelizzazione, consapevoli del fatto che “la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati dalla società non può mancare in un’autentica realtà ecclesiale”.

Altro elemento fondamentale è il riconoscimento giuridico secondo il Diritto canonico.Ovviamente fondamentale il rapporto tra Chiesa universale e Chiese particolari. Doni dati a tutta la Chiesa si, ma per servire le singole diocesi.

Nella conferenza stampa il cardinale Müller prefetto della Congregazione della dottrina della Fede ha ricordato che “lo scopo del presente documento è quello di favorire - attraverso una approfondita consapevolezza degli elementi essenziali relativi a doni gerarchici e carismatici, e al di là di ogni sterile contrapposizione o giustapposizione - una loro ordinata comunione, relazione e sinergia, in vista di un rinnovato slancio missionario ecclesiale e di quella “conversione pastorale” a cui in continuazione ci chiama Papa Francesco”.

 

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La vita dalla Chiesa ha sempre bisogno di una riflessione sulle nuove attività del laicato, ha ricordato Müller, e anche i carismi dei laici hanno il loro fondamento nei sacramenti e entrambe le realtà devono trovare una vera comunione.

Il cardinale Ouellet prefetto della Congregazione per i vescovi ha sottolineato la necessità della comunione tra movimenti e associazione e anche la vita consacrata alla vita della diocesi, tutti insieme nella realtà della Chiesa locale.

Piero Coda,  ha ricordato che i diversi pontefici nonostante la diversa sensibilità, ma sia nel seguire il Concilio e nelle integrazione dei movimento hanno una convergenza di fondo su questo tema della comunione tra carisma e gerarchia.