"La cosa migliore che ha fatto la Puglia è chiedere che Aldo Moro venisse beatificato. Vorrei che non si arenasse e portasse avanti questo progetto". Ieri in un incontro a Bari la senatrice Maria Fida Moro, figlia dello statista della Dc ucciso dai terroristi delle Brigate Rosse dopo la strage di Via Fani del 16 marzo 1978, ha chiesto che la causa di beatificazione del padre vada avanti.

Nonostante “le responsabilità dello Stato” nella morte dell’onorevole cattolico, “mi interessa che sia ricordato vivo e che si ricordi per il modo in cui aveva vissuto”, ha detto commuovendosi Maria Fida Moro partecipando ad un seminario nell'Aula Magna del Palazzo Ateneo di Bari, intitolato proprio allo statista, organizzato in occasione del 37esimo anniversario del ritrovamento del corpo.

Autore principale del “compromesso storico” fra democristiani e comunisti, Moro fu rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo del 1978, e rinvenuto cadavere 55 giorni dopo. Del marzo di tre anni fa l’inizio della causa di beatificazione, incardinata nella diocesi di Roma, che dovrà decidere del martirio “in odio fidei”.

Dopo il “nulla osta” del cardinale Agostino Vallini, vicario del papa, che ha proclamato Moro “servo di Dio”, in breve tempo il presidente del tribunale diocesano di Roma, ha introdotto la causa, acquisendo gli atti del “supplice libello sulla fama di santità”.

Il Postulatore è il pugliese Nicola Giampaolo, che ha raccolto anche numerose testimonianze e una serie di firme per la cosiddetta “fama di santità” di ex onorevoli dc, di tante personalità istituzionali ed ecclesiastiche, tra cui quelle della diocesi di Bari, Conversano-Monopoli, Loreto e Pompei.

In questi mesi si è paventata l’idea che la “causa” potesse avere uno stop, con un “aggiornamento”, anche dopo le audizioni dell’arcivescovo Antonio Mennini, Nunzio apostolico a Londra e confessore di Moro, che, su impulso di Papa Francesco, ha dichiarato alla Commissione parlamentare d’inchiesta di non aver mai confessato lo statista pugliese nel suo luogo di prigionia, come pure si era detto nel corso di questi anni.

Dopo una serie di polemiche e di frizioni, definite da Maria Fida Moro “del tutto ingiustificate”, il postulatore chiese calma, serenità e la distinzione chiara dell’orizzonte entro cui va collocata la sua azione, dichiarando ad alcuni organi di stampa: “Incito tutti a distinguere i piani; la causa della Chiesa non deve far luce su eventuali retroscena della vicenda ma verificare la testimonianza di fede di Aldo Moro. Deve essere condotta nella luce e nella verità e senza ingerenze. Invito tutti a questo. Se questa calma non ci sarà credo che l’unica soluzione non può che essere interrompe la causa per riprenderla in altro contesto storico”.

Aldo Moro nacque a Maglie, nel leccese, il 23 settembre 1916. Dopo aver conseguito la laurea all’Università di Bari, ne divenne ben presto docente. Nel 1935 entrò a far parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale. Nel luglio 1939 venne scelto, su consiglio di Giovanni Battista Montini, di cui, proprio in quegli anni, divenne amico, come presidente dell'Associazione. Mantenne l'incarico sino al 1942, quando fu chiamato alle armi, prima come ufficiale di fanteria, poi come commissario nell'aeronautica. Gli successe Giulio Andreotti, sino ad allora direttore della rivista Azione Fucina.

Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico La Rassegna che uscì fino al 1945. Nel luglio dello stesso anno prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli. Nel 1945 divenne direttore della rivista Studium e fu eletto presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica.