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La Santa Sede: “Vie di dialogo di fronte alla crisi dei rifugiati”

Nazioni Unite | La sede delle Nazioni Unite a New York | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Nazioni Unite | La sede delle Nazioni Unite a New York | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

In un intervento all’assemblea generale delle Nazioni Unite sul Rapporto sul razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza, la Santa Sede ha ricordato il dramma dei rifugiati e ha chiesto di resistere alla tentazione di sottovalutare il problema, e alla tentazione di etichettare il “rifugiato come un problema.”

L’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha spiegato il 3 novembre che “il razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia sono seri affronti alla dignità umana, e impedimenti nel costruire una comunità internazionale impegnata alla promozione dei diritti umani.” E subito dopo delinea la situazione dei rifugiati nel mondo: la loro presenza crea nuovi problemi di razzismo e xenofobia.

“Ci sono al momento più di 60 milioni di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nel mondo a causa di conflitti e persecuzioni,” ricorda l’Arcivescovo Auza. Che aggiunge: “Quindici nuovi conflitti sono esplosi, o si sono rinfocolati negli ultimi cinque anni, mentre numerosi conflitti persistenti sono rimasti irrisolti. Ed è ancora più preoccupante il fatto che non sembra esserci fine a tutto questo.”

Lo dicono i numeri: gli sfollati, ricorda Auza, sono quadruplicati nell’ultimo anno, da circa 11 mila nel 2010 a 42500, e devono essere accolti, raccogliendo l’appello di Papa Francesco a non vederli come “numeri, ma come esseri umani.”

Certo, la Santa Sede – afferma il nunzio – “è consapevole della complessità legali e di altro genere portate dalle migrazioni, specialmente nei casi di esodi di massa forzati,” ma che prima di tutto “si deve riconoscere il migrante come un altro essere umano,” e questo specialmente quando “abbiamo a che fare con persone che sono state forzate a migrare contro la loro volontà, come i rifugiati, quelli perseguitati per ragioni etniche e religiose, e quanti sono vittima del traffico di esseri umani o di sfruttamento sessuale.”

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È una crisi complessa – spiega la Santa Sede – dalla quale non si deve indietreggiare, “etichettando l’altro come una minaccia al nostro modello di vita,” ma piuttosto da vedere come “una opportunità per realizzare un mondo più giusto e fraterno per tutti.”

Succede che nelle città di origine dei migranti “vengono commessi i peggiori crimini contro la libertà religiosa,” e le “minoranze etniche e religiose sono prese di mira da questi abusi perpetrati da violenti attori non statali con il chiaro intento di distruggere le diversità religiose, culturali ed etniche,” e per questo la Santa Sede chiede alla comunità internazionale di “fare tutto il possibile per fermare questi violenti attori non statali che vogliono solo violare i diritti umani fondamentali.” Il riferimento, chiarissimo, è ai militanti dell’autoproclamato Stato Islamico.

La Santa Sede chiede anche a Stati e governi di riconsiderare “le leggi che possono fomentare la xenofobia, la discriminazione etnica o religiosa, e anche la violenza.” E richiama “quanti appartengono ad una religione di rispettarsi gli uni con gli altri e di aprire canali di dialogo e viali di concreta cooperazione per sviluppare conoscenza reciproca e apprezzamento.”