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La strana storia dello zuavo John Surratt: seconda parte

Gli zuavi pontifici in un disegno d'epoca |  | Museo di Mentana Gli zuavi pontifici in un disegno d'epoca | | Museo di Mentana

Seconda Parte

A Roma

L'arruolamento negli zuavi

L’unica possibilità era arruolarsi nel corpo dei zuavi, una specie di legione straniera composta da uomini che venivano da ogni parte del mondo; a differenza di quella francese però i volontari non erano delinquenti che fuggivano dalle patrie galere, ma giovani che credevano negli ideali della Chiesa, così come altri loro coetanei, nello stesso periodo, si arruolavano nelle file garibaldine per l’avventura risorgimentale. Verso la metà di febbraio, John Surratt, alias Watson, si presentò dunque alla caserma degli zuavi, allora presso Porta Cavalleggeri, dove oggi sorge l’aula Paolo VI. La burocrazia per l’arruolamento fu molto superficiale, per non dire inesistente. Al giovane americano fu domandato il nome, ma senza chiedergli alcun documento né furono fatte delle ricerche su chi fosse questo cittadino del Maryland che si arruolava nell’esercito del Papa. Venne reclutato per un anno, nella Nona Compagnia del Pontificio Zuavi. Per Surratt si apriva così una nuova vita. Ed eccolo ora, un anno dopo gli eventi drammatici dell’attentato a Lincoln, tra le montagne dei Lepini, in una terra lontana e sconosciuta, a combattere uomini di cui non conosceva assolutamente nulla. Ma il destino, è il caso di dirlo, continuava ad perseguitare Surratt. Durante la permanenza nel distretto di Sezze venne riconosciuto da un suo vecchio conoscente, anche lui volontario negli zuavi, Henri Ste-Marie, un franco canadese dalla vita avventurosissima e non sempre onesta. Ste-Marie, da uomo scaltro, comprese subito che quella poteva essere l’occasione della sua vita. Tornato a Roma si recò dal console americano Rufus King per denunciare il Surratt. Ste-Marie non suscitò subito l’interesse del console, che, anzi, provò non poca riluttanza verso di lui, specialmente quando egli chiese per questo servizio ben 50 dollari per rifarsi una vita nelle Indie Occidentali. Una somma da pagare anche con una certa urgenza: fra pochi mesi, infatti, scadeva il periodo di leva e sarebbe rimasto disoccupato e senza un soldo. Come rappresentante del suo governo King però non poteva sottovalutare nulla, tanto più che Ste-Marie diceva di avere le prove concrete del coinvolgimento del Surratt nell’attentato a Lincoln. A metà luglio il diplomatico statunitense si rivolse alle autorità vaticane con la dichiarazione giurata del Ste-Marie che lo zuavo Watson in realtà era il ricercato John Surratt. Dopo alcuni giorni, l’8 agosto, il console fece sapere alle autorità di Washington che il segretario di Stato vaticano, il cardinale Antonelli, non era contrario all’arresto del ricercato.

L'arresto e il ritorno negli Usa
Passò ancora qualche mese in cui il governo americano chiedeva riscontri più sicuri e finalmente a novembre il cardinale Antonelli decise di fare arrestare Surratt che al momento era di stanza a Veroli con la sua Compagnia. Messo in allarme da alcuni movimenti sospetti, Surratt cominciò a preparare la fuga. E così avvenne. Quando i soldati lo stavano per arrestare, riuscì a fuggire, a gettarsi giù per un dirupo e far perdere le proprie tracce. In maniera a dir poco rischiosa raggiunse il Regno del Sud, ormai in mano agli italiani e, dopo aver dichiarato di essere disertore degli zuavi, riuscì ad arrivare a Napoli e ad imbarcarsi in maniera fortunosa su una nave alla volta di Alessandria d’Egitto. Ma il destino di Surratt era segnato. Nel porto egiziano trovò agenti americani che ormai lo avevano individuato. Da mesi, ormai, seguivano tutte le sue mosse, lo catturarono e infine lo portarono in America. Surratt, a differenza degli altri cospiratori, fu processato da un tribunale civile dello Stato del Maryland, grazie a una decisione di qualche mese prima della Corte Suprema che aveva dichiarato incostituzionale il processo di civili davanti ai tribunali militari, dando all’imputato la possibilità di una difesa certamente più valida. Surratt ammise di aver partecipato al complotto per rapire Lincoln, ma negò qualsiasi coinvolgimento nell’assassinio. Dopo due mesi di testimonianze dove si dimostrava che l’accusato il giorno dell’attentato era in un'altra città, Surratt fu rilasciato per non aver commesso il fatto, con una sentenza a dir poco sbalorditiva: in fondo aveva pur sempre partecipato al complotto. Su dodici giurati, solo quattro avevano votato per la sua colpevolezza. Si disse che era stato comprato il suo silenzio. Uscito per sempre da questa avventura, Surratt dopo alcuni lavori divenne insegnante alla St. Joseph Catholic School in Emmitsburg, nel suo Maryland. Nel 1872 sposò Maria Hunter da cui ebbe sette figli. Ormai anziano, era nato nel 1844, Surratt si ritirò a vita privata nella Baia di Old Line nel 1914. Due anni dopo Surratt moriva di polmonite a Baltimora, all’età di 72 anni. Con lui scompariva l’ultimo testimone di una tragedia che per molti anni avrebbe segnato gli Stati Uniti, ma i cui contorni, restano ancora in buona parte misteriosi.

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Fine

Prima parte

Testo pubblicato sul

Wall street journal Magazine