Da oggi al 4 aprile Aiuto alla Chiesa che Soffre sarà ad Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno, per visitare i 120mila cristiani iracheni fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive sin da subito sostenuti, attraverso la Chiesa locale, da ACS. Alla delegazione, guidata dal direttore di ACS-Italia Alessandro Monteduro, prenderanno parte anche il vescovo di Ventimiglia-San Remo, Monsignor Antonio Suetta, un rappresentante dell’Arcidiocesi di Bologna, Don Massimo Fabbri, ed il vescovo di Carpi, monsignor Francesco Cavina. E proprio a Monsignor Cavina Papa Francesco, venuto a conoscenza dell’iniziativa di ACS, ha voluto affidare alcuni doni ed una lettera per i fedeli iracheni "che sono stati costretti – scrive il Pontefice – ad abbandonare le proprie città, case, proprietà, radici storiche e culturali per non rinunciare alla loro appartenenza a Cristo".

Oltre ad un contributo finanziario, "come segno della mia prossimità a questi figli e fratelli iracheni" il Papa ha voluto donare anche dei paramenti liturgici «per la celebrazione della Santa Liturgia nella quale si rende presente il Signore Gesù sorgente di coraggio, di speranza, di fedeltà e di unità.

La delegazione ACS in Kurdistan incontrerà Monsignor Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, con il quale visiterà i centri profughi, nel sobborgo a maggioranza cristiana di Ankawa. Tra questi anche il Villaggio Padre Werenfried, che prende il nome dal fondatore di ACS padre Werenfried van Straaten, un insediamento di 150 case prefabbricate donate da Aiuto alla Chiesa che Soffre in cui vivono 175 famiglie cristiane. La visita proseguirà nelle scuole prefabbricate donate da ACS, che permettono a circa 7mila bambini iracheni di continuare a studiare. Nei giorni seguenti la delegazione incontrerà anche Monsignor Petros Mouche, vescovo siro-cattolico di Mosul, costretto a vivere ad Erbil assieme ai suoi fedeli dopo che la città è stata conquistata dall’Isis.

"Mi compiaccio vivamente – scrive il Pontefice - per questa iniziativa che esprime amicizia, comunione ecclesiale e vicinanza a tanti fratelli e sorelle, la cui situazione di afflizione e di tribolazione mi addolora profondamente e ci invita a difendere il diritto inalienabile di ogni persona a professare liberamente la propria fede". E dopo aver esortato noi tutti a "non dimenticare il dramma della persecuzione", Francesco sottolinea la necessità di prendersi cura di quanti soffrono. "La misericordia ci invita a chinarsi su questi nostri fratelli per asciugare le loro lacrime, per curare le loro ferite, per consolare i loro cuori affranti e forse smarriti. Non si tratta solo di un atto doveroso di carità, ma di un soccorso al proprio stesso corpo, perché tutti i cristiani, in virtù del medesimo battesimo, sono uno in Cristo".