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Lavoro, Perego: "Fondare l'economia sulla persona e non sul capitale"

L'Arcivescovo Gian Carlo Perego |  | ACI Stampa L'Arcivescovo Gian Carlo Perego | | ACI Stampa

Conclusa la 48/ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, la Chiesa riparte dalle proposte presentate al governo. Restano sul tappeto però ancora problemi, come ad esempio il rapporto tra lavoro e immigrazione. Di questo ACI Stampa ha parlato con l’Arcivescovo di Ferrara - Comacchio Giancarlo Perego, per anni direttore generale della Fondazione Migrantes. 

Purtroppo non si leggono i dati e non si legge la realtà del mercato del lavoro in Italia. I 2 milioni e 400mila lavoratori migranti hanno occupato i posti che sostanzialmente erano liberi e che vedevano ormai una carenza di lavoro, facendo in modo che effettivamente alcuni lavori diventassero creativi, solidali… Soprattutto il mondo delle badanti, 800mila su un milione sono straniere: senza questa risorsa avremmo impoverito le famiglie. Così come nel mondo dell’agricoltura, dell’allevamento… senza il lavoro immigrato l’economia italiana sarebbe andata ancora peggio rispetto a quanto è. Questo lavoro è stato penalizzato da una grossa precarietà. 

Come la Settimana Sociale aiuterà a risolvere la cattiva interpretazione del rapporto tra lavoro e migranti in Italia?

Bisogna sottolineare che l’immigrazione non è un problema, ma una risorsa. E ci aiuta a risolvere i problemi. Questo nella comunicazione non sempre emerge. Mentre è un dato di fatto. Se vogliamo che la nostra economia possa contare su aiuti importanti anche in ordine alle pensioni, c’è bisogno che il mercato del lavoro si apra e superi la precarietà. 

Terminata la Settimana Sociale come bisogna ripartire?

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Ora bisogna puntare sulle buone prassi del lavoro creativo e responsabile. Ripensare le forme di cooperazione di economia di comunione in risposta al capitalismo esasperato. Bisogna costruire una economia alternativa, più fondata anche sulle persone e meno sul capitale, come la nostra tradizione dimostra. Bisogna lavorare su ambiente e cultura. E accompagnare i giovani a creare lavori ed esperienze in maniera nuova, che li tuteli e tuteli anche i beni fondamentali di un giovane: crearsi una famiglia, la sua formazione, il suo tempo libero e quindi ripensando il modello lavorativo.