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Madonna della Salute, il patriarca Moraglia: “La santità non è solo per vecchi”

Patriarca Moraglia | il Patriarca Moraglia celebra Messa nella Basilica di Santa Maria della Salute, davanti all'incona di Maria Mesopanditissa | da Cantuale Antonianum Patriarca Moraglia | il Patriarca Moraglia celebra Messa nella Basilica di Santa Maria della Salute, davanti all'incona di Maria Mesopanditissa | da Cantuale Antonianum

È un invito a guardare il mondo con gli occhi dei giovani e per i giovani, quello che lancia il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nell’omelia per la festa della Madonna della Salute.

Sono molti i temi che si intrecciano nell’omelia del Patriarca di Venezia: il ricordo di Giovanni Paolo I, che fu Patriarca di Venezia prima di essere Papa, la cui causa di beatificazione è ormai passata nella fase romana; la festa della presentazione della Vergine al tempio, che permette al Patriarca di riflettere sul senso della grazia, non appannaggio degli adulti; e il Sinodo dei giovani, ai quali l’omelia è in particolare dedicata.

Il tutto nella cornice della Basilica della Madonna della Salute, da tre secoli meta di pellegrinaggio dei veneziani. Il 21 novembre, e nei giorni immediatamente precedenti e successivi, sono migliaia i pellegrini che giungono in Basilica, che possono raggiungere anche attraverso il “ponte votivo” che permette di arrivarvi attraversando il Canal Grande da Santa Maria del Giglio. La Basilica fu fondata come ringraziamento e preghiera alla Vergine per preservare la città di Venezia dalla peste del XVII secolo, e la prima pietra venne posta nel 1631, mentre la Basilica venne consacrata nel 1667.

Nella Chiesa, si venera l’icona della Madonna chiamata Mesopanditissa, mediatrice di pace, che è posta sull’altare centrale e che è giunta dall’isola di Candia nel 1670. Davanti a quella immagine, nel 1264, veneziani e candiotti avevano posto fine ad una guerra che li vedeva coinvolti da circa 60 anni.

In questa cornice, il Patriarca Moraglia invita a riflettere che Dio chiama a sé i giovani e addirittura i bambini, mentre “la nostra società si presenta, invece, come pensata e progettata dagli adulti e per gli adulti”, e “penalizza a volte i giovani in modo inaccettabile”.

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Il Patriarca Moraglia chiede di “scommettere di più sui giovani”, con “più coraggio, più libertà interiore, più distacco da se stessi, più sensibilità vero il bene comune”, e per questo invita a guardare al prossimo Sinodo sui giovani per “credere nei giovani, nella loro capacità di aprirsi e donarsi a Dio”.

L’esempio, il modello di riflessione, è Maria che “ancora bambina, si offre totalmente a Dio”, perché “comprende quanto Dio sia importante nella sua vita”, e risponde in modo “non improvvisato”, donandosi “pienamente a Dio”, perché il “non conosco uomo” dice “la scelta di vivere il matrimonio in modo verginale”, perché “quando Maria si offre al Tempio, seppur ancora bambina, si dona pienamente a Dio; è un sì detto secondo la consapevolezza dell’età ma, non per questo, meno vero, meno autentico; è una promessa sorretta, non dimentichiamolo, dalla grazia di Dio”.

Il Patriarca Moraglia ricorda altre figure chiamate ancora bambine, come Samuele e Davide, esalta la figura di Maria, e ricorda che “Dio, quindi, considera i bambini, li rispetta, li coinvolge, li chiama a sé, li prende sul serio, chiede la loro collaborazione. Tutto ciò deve avere un significato per noi; per Dio, la santità non è riservata agli adulti!”

E fa l’esempio di molti santi bambini: Giacinta e Francesco di Fatima (morti a nove e dieci anni), Antonietta Meo (sette anni), Maria Goretti (a dodici anni), ma anche Domenico Savio, Josè Sànchez del Rio, Carlo Acutis (quindici anni) e Manuel, il bambino che parlava con Gesù Eucaristia (nove anni).

Per questo, il prossimo Sinodo – dice il Patriarca di Venezia - “ci chiama a riflettere su come incontrare i nostri giovani, come farli sentire soggetti attivi e responsabili, come aiutarli ad entrare nella vita e nel mondo del lavoro, senza estenuanti anticamere, a fare in modo che possano manifestare le loro angosce ed esprimere un amore accogliente verso il dono della vita - concepimento, nascita, fragilità, spegnimento -; ancora dobbiamo chiederci come testimoniare loro il rispetto per il creato e, soprattutto, il senso e l’amore di Dio e dei fratelli”.

Un amore per Dio che ci chiama a “impegnarci” nella società a “riconoscere i diritti delle persone”, che sono “una proposta culturale” prima che politica, perché “il Vangelo è una grande luce che va oltre le emotività e illumina la realtà”, e “secondo la sana laicità che fa parte del pensiero sociale della Chiesa - plasma la cultura di un popolo perché sempre si compiano scelte a favore dell’uomo”.

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Tra questi valori – aggiunge il Patriarca – si devono riscoprire il dono di sé e l’impegno, che Dio non ha esitato a chiedere ai più piccoli, come erano i pastorelli di Fatima. E conclude: “I discepoli, alla fine, non possono ragionare secondo il ‘buon senso’ del mondo ma secondo la ‘verità’ di Dio; è questo il discernimento”.