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Nicola Ciarapica, missionario salesiano racconta la Liberia dopo l'ebola

Don Nicola Ciarapica in Liberia |  | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia | | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia |  | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia | | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia |  | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia | | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia |  | Don Bosco - Matadi
Don Nicola Ciarapica in Liberia | | Don Bosco - Matadi

Nell’assemblea plenaria di aprile scorso i vescovi liberiani avevano inviato ai propri concittadini un messaggio di speranza, esortandoli a ‘promuovere e preservare la cultura della vita dal grembo materno alla tomba’ ed a osservare i protocolli sanitari previste per la sconfitta dell’ebola.

Partendo dal messaggio dei vescovi liberiani abbiamo incontrato il salesiano don Nicola Ciarapica, in Italia per alcuni mesi per un corso sulle ‘nuove frontiere’ della missione, che a Monrovia dirige il Centro ‘Don Bosco – Matadi’, chiedendogli di aggiornarci sulla situazione nella nazione, dopo la fine dell’emergenza di ebola:

“Il 7 Settembre scorso, ancora una volta la Liberia ha finito il periodo di 6 settimane di quarantena  e poi di 90 giorni  di allerta dall’ultimo caso di Ebola. L’Organizzazione Mondiale della Salute raccomanda che il controllo sia mantenuto perché nuovi focolari possono ancora verificarsi.

C’è comunque una preparazione più adeguata sia a livello di personale che a livello di strutture ora  in grado di intervenire, identificare, isolare, trattare nuovi casi. C’è anche una organizzazione che si prende cura dei sopravvissuti ancora portatori di RNA virale che come già accaduto possono riaccendere focolari di infezione o possono di nuovo manifestare i sintomi della malattia. Le relazioni sociali, il commercio, la politica stanno ritornando ai ritmi normali … ma si nota sempre di più la distanza tra ‘chi sta bene’ e coloro che sono i più indigenti, più carenti di educazione, salute, lavoro”.

Il problema fondamentale per la nazione, come hanno sottolineato i vescovi, è la mancata scolarizzazione: quali sono le conseguenze?

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“ ‘Impegnatevi per la vostra istruzione… lottate per restare a scuola…’ è quello che nel giugno scorso, Michelle Obama, in visita alla Liberia, ha detto alle ragazze. Quasi due terzi di bambini tra i 5 ed i 10 anni non frequenta la scuola primaria, un primato per Liberia di cui non ci si può vantare. La Liberia esce da 14 anni di guerra e da 2 anni del Contagio Ebola. Dopo ogni crisi la scuola fornisce ai bambini/e, ragazzi/e la stabilità necessaria per far fronte ai traumi, Senza scuola c’è meno protezione attorno a loro, e loro stessi hanno maggiori possibilità di subire abusi e sfruttamento. La Chiesa richiama all’impegno a fornire ‘un’istruzione di qualità’ alla popolazione.

Chiede al governo di assegnare, in modo equo, i sussidi necessari alle scuole private, agli insegnanti di religione, in particolare, raccomanda ‘lealtà’ nella preparazione degli studenti ‘non solo agli esami, ma anche e soprattutto alla vita, insegnando loro i valori del Vangelo’. Noi salesiani abbiamo già due scuole con il progetto di accettare un’altra scuola nel nord della nazione e  di arricchire di corsi professionali quelle esistenti. Con l’aiuto dei benefattori abbiamo assistito più di 250 famiglie nel 2015 e più di 150 famiglie nell’anno successivo per assicurare che i loro figli possano accedere alla educazione e non rimanere sulla strada. Abbiamo bisogno che si continui questa collaborazione… è un modo per condividere la missione”.

Sempre nell’Assemblea plenaria i vescovi hanno esortato a non dimenticare ‘i più vulnerabili e bisognosi della società’: In quale modo la Chiesa liberiana tutela i più deboli?

‘In quell’Assemblea Plenaria i vescovi, ringraziando gli organismi cattolici che operano nel settore dei servizi sociali, hanno invitato a non dimenticare i più vulnerabili,  ci hanno ricordato che la carità è legge suprema della Chiesa ed ha sottolineato  che ‘la promozione dei diritti fondamentali ed inalienabili di tutti rimane una preoccupazione primaria della Chiesa. Già dal 1991, durante il periodo buio della guerra, è stata fondata la Commissione episcopale Giustizia e pace, una delle voci solitarie contro il degrado morale, sociale ed economico della nazione’. Nella nostra parrocchia sono presenti le Suore di Madre Teresa. Oltre all’assistenza ai più poveri offrono ospitalità ai/alle malati/e di Tubercolosi, alle ragazze madri, ai HIV positivi, ai bambini malnutriti… Con i Cooperatori Salesiani abbiamo raccolto fondi e scavato tre pozzi di acqua potabile per i gruppi di famiglie che vivono nella zona paludosa attorno a noi… Evangelizzazione, salute, educazione, opere sociali, giustizia, pace e mass media sono i temi che la Chiesa Cattolica ha affrontato nella sua ultima Assemblea Plenaria”.

Un altro nodo riguarda la famiglia: ‘Il matrimonio è un’unione sacra tra uomo e donna stabilita da Dio, si legge nel testo, e quando il matrimonio e la famiglia non sono garantiti nel loro sviluppo corretto e pacifico, allora la società è condannata all’instabilità socio-politica, culturale e morale’. In quale modo la Chiesa, dopo l’esortazione post sinodale sulla famiglia, è presente nel sostegno alla famiglia?

“Da una parte la Chiesa sceglie ‘vicinanza e compassione’ alle famiglie che vivono situazioni di fragilità  ed invita alla misericordia come scelta pastorale dei sacerdoti. Dall’altra  mette in guardia contro ogni attentato al matrimonio e alla famiglia come un attentato all’instabilità socio-politica, culturale e morale. I vescovi hanno denunciato ‘ogni tentativo, da parte di chiunque o di qualsiasi istituzione, di promuovere il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l’aborto ed i contraccettivi’ e fanno un appello al governo perché ‘rifiuti l’accettazione della morte come prerequisito per ottenere aiuti allo sviluppo’”.

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Nel messaggio per la giornata missionaria papa Francesco chiede una Chiesa testimone di misericordia: come si concretizza?

“Già durante il contagio del virus Ebola i cristiani si sono coinvolti in prima fila anche a costo della vita per l’informazione, prevenzione, cura dei malati, dignitosa sepoltura dei morti. Con l’arrivo di tre nuovi confratelli della congregazione degli Ospedalieri di San Giovanni di Dio per sostituire coloro che sono deceduti è stato riaperto l’ospedale Cattolico san Giuseppe. Sono state potenziate e meglio equipaggiate le 7 cliniche gestite dalla Chiesa Cattolica con l’obiettivo di ‘promuovere e preservare la cultura della vita dal grembo materno alla tomba’, con particolare attenzione alla popolazione che vive nelle zone più remote della Liberia. La Chiesa mentre sottolinea il dovere dei cittadini e delle istituzioni di pagare le tasse al fine di “promuovere lo sviluppo nazionale, denuncia ‘imposte esorbitanti’, ‘politiche incostanti’ che lasciano spazio ‘all’estorsione’, rendendo ‘difficile, se non impossibile’ lo ‘svolgere il suo dovere umanitario’ nei confronti delle persone in difficoltà. Per questo la Chiesa si mette dalla parte dei cittadini e invita il governo a rivedere le sue politiche per garantire in modo costante i servizi adeguati. I partiti sono invitati al sacrificio, al servizio al Paese e all’interesse nazionale, senza farsi dominare dai tornaconti personali, familiari o etnici.

L’anno dedicato alla misericordia a Monrovia è iniziato l’8 Dicembre 2015 e si concluderà l’8 dicembre 2016 durante il pellegrinaggio mariano annuale. Siamo invitati alla riconciliazione personale e comunitaria, con Dio, con se stessi, con gli altri,   riaffermando l’impegno nella promozione della libertà religiosa, insieme alla convivenza pacifica, come sancito dalla Costituzione della Liberia e ‘nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità di ciascuno’.  Nell’anno straordinario della Misericordia, ci affidiamo all’intercessione di Maria, Regina della pace”.