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Nigeria, vocazioni e conversioni combattono Boko Haram

I ragazzi del seminario  |  | KIN
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Le testimonianze a Monaco  |  | KIN
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"Con il Rosario, l´amore di Dio e l´amore per il prossimo combattiamo il terrorismo in Nigeria. Questa è la nostra filosofia".

In questo modo don Habila Daboh, direttore del Seminario “Buon pastore” di Kaduna, città da un milione e mezzo di abitanti nella parte settentrionale della Nigeria, ha fotografato la situazione dei rapporti tra cristiani e islamisti nel paese africano, tornato nei giorni scorsi agli onori della cronaca per il sequestro e la successiva liberazione di un sacerdote della Diocesi di Roma, Don Maurizio Pallù. Ad ascoltare il sacerdote africano, nella sala conferenze del Centro “Kolpinghaus” di Monaco di Baviera (Germania), circa 250 persone, invitate lo scorso 13 ottobre dalla fondazione pontificia “Kirche in Not” (“Aid to the Church in Need” di Germania) ad una serata dedicata al Centenario delle apparizioni mariane a Fatima.

"Oltre il 90% della popolazione nigeriana – annota don Daboh - vive sotto la soglia di povertà. Il 54% vive con meno di 2 dollari al giorno. Il motivo di questa povertà diffusa, nonostante la ricchezza di materie prime a disposizione del Paese, è ovviamente la profonda e diffusa corruzione. Come se ciò non bastasse, delle tre più potenti organizzazioni terroristiche del Mondo, Stato Islamico, Boko Haram e Fulani, ben due sono attive in Nigeria". In questa complessa situazione, la vocazione sacerdotale e la conversione al cristianesimo possono diventare in Nigeria atti di resistenza contro il terrorismo. "Nel nostro Paese – ha spiegato ancora don Daboh - nonostante le minacce e la persecuzione, aumenta il numero dei cristiani. Anche se è difficile avere statistiche precise in merito, stanno aumentando le conversioni al cristianesimo perché molti musulmani non vogliono più appartenere ad una confessione le cui propaggini radicalizzate provocano così tanti spargimenti di sangue".

In aumento anche le vocazioni sacerdotali. "Certamente molti anni fa – spiega ancora don Daboh - la povertà delle famiglie poteva essere un movente per le vocazioni, ma oggi non è più così, la ragione è un´altra. Molti studenti stanno entrando nel nostro Seminario proprio per testimoniare la fede cristiana in questo clima di persecuzione e per contrastare l´avanzata dell´Islam. La Chiesa in Nigeria deve affrontare molte sfide, che possiamo riassumere proprio con la parola “persecuzione”. Ma già prima di Boko Haram i cristiani erano bersaglio degli islamisti. Perfino il nostro Seminario deve essere protetto da un recinto e da personale di sorveglianza proprio per il pericolo di attacchi di musulmani radicali. Ad oggi ospitiamo 198 seminaristi. A causa dei continui ingressi di seminaristi non abbiamo abbastanza alloggi per tutti e dobbiamo rifiutare perfino alcune iscrizioni. “Kirche in Not” ci sta aiutando ad allargare gli spazi per l´insegnamento e a costruire una cappella".

L´esercizio dell`amore verso il prossimo non può mancare nella formazione di un futuro sacerdote chiamato ad operare in un Paese che la fede religiosa divide a metà: 49% musulmani, 49% cristiani (circa 80 milioni): "Un giorno dovranno diffondere la fede proprio tra chi, oggi, li perseguita", conclude don Habila.

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"I continui attacchi di Boko Haram hanno purtroppo alimentato una certa diffidenza tra musulmani e cristiani, mentre prima si andava d`accordo», aggiunge Suor Maureen Ahyuwa, sorella di „Nostra Signora di Fatima“ della Diocesi di Jos (Nigeria), anche lei intervenuta al talk show “Gioia nella fede nonostante paura e difficoltà: essere cristiani in Nigeria”, moderato dalla direttrice di “Kirche in Not”, Karin Maria Fenbert. «Spesso – prosegue Suor Ahyuwa - avvengono rapimenti ad opera di Islamisti. Tra le vittime si contano anche giovani donne, di cui spesso non si conosce più il destino. Alcune tornano chissà quando con figli al seguito. Anche sacerdoti e suore sono stati spesso rapiti. Ma con l´aiuto di Dio continueremo il nostro lavoro, nonostante tutto". La stessa determinazione nel professare la propria fede e proseguire l´opera di evangelizzazione cresce anche nelle nuove generazioni di sorelle nigeriane. La novizia Dorcas Atah di appena 24 anni, per la prima volta in viaggio all´Estero, conclude infatti: "Non ci penso nemmeno ad uscire dal noviziato. Non ho paura. Vado avanti su questo cammino".