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Nosiglia ai torinesi: "Senza utopia non c'è futuro"

Monsignor Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino |  | MM ACI Stampa Monsignor Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino | | MM ACI Stampa

Il futuro della nostra Diocesi è legato “al dono e all’impegno della comunione, dell’accoglienza e della riconciliazione. Il desiderio della nostra gente è di poter vivere in una città sempre più umana e vicina. Una città che abbia lo stile della famiglia”. Lo ha detto l’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia nell’omelia in occasione della Messa per la festa patronale di San Giovanni Battista.

“La città - spiega l’Arcivescovo - appartiene a ogni suo abitante e tutti dobbiamo sentircene custodi. Essere custodi della nostra città significa anche preoccuparsi di far crescere un ambiente antropologico e sociale, di valore umano e spirituale insieme, che non emargina nessuno e non scarta chi è meno fortunato. La città unita è un’utopia? Forse; ma senza utopia non c’è futuro, non c’è ragione e stimolo a impegnarsi veramente, non c’è slancio creativo e innovativo”.

“Torino - ricorda ancora Nosiglia - è riconosciuta, e giustamente, come la città dei diritti in tanti ambiti del vissuto personale e collettivo. Sarebbe bene però far crescere anche la città dei doveri, che spesso restano inevasi e ignorati da tanti cittadini e realtà sociali, economiche e politiche. Ad ogni diritto deve corrispondere un dovere. Penso al diritto al lavoro. La perdita del lavoro nel nostro territorio rappresenta la criticità più pesante a cui far fronte ed è dunque il primo dovere di ogni istituzione pubblica o privata. È solo un esempio, come potrebbe essere quello relativo al dovere di rispettare il diritto alla quiete e al sonno notturno dei residenti nei quartieri della città, dove predominano invece il chiasso e lo schiamazzo della movida fino al mattino. Analogamente, credo che anche i fatti tragici di Piazza San Carlo indichino che c’è ancora molto da fare, per educare a stare insieme in modo civile e rispettoso delle regole proprie dell’ambiente e degli altri, oltre ovviamente al dovere di program- mare e gestire al meglio gli eventi cittadini”.

Monsignor Nosiglia richiama poi la politica ed il suo ruolo sociale. “Se manca la politica, con le sue ricadute di rappresentanza e di esercizio della democrazia, il problema è di tutti: perché stiamo rinunciando tutti all’unico strumento con cui costruire insieme il nostro avvenire”. “Mi auguro - aggiunge - che lo ius soli per i bambini dei rifugiati e immigrati, nati in Italia, sia legalmente riconosciuto e sempre più accolto e considerato dalla gente un traguardo di civiltà di cui il nostro Paese è stato antesignano e promotore”.

Concludendo l’Arcivescovo Nosiglia ricorda ai torinesi che “ciò che ci unisce è molto più e molto più forte di quel che ci potrebbe dividere. Come dev’esserci una sola città, che appartiene a tutti, così deve esserci una sola libertà, che ugualmente appartiene a tutti. Ma tale libertà, proprio perché è comune, si fonda sul rispetto delle medesime regole e, prima ancora, sul rispetto profondo di ogni persona. Siamo tutti “prossimo”, gli uni per gli altri. Non lasciamoci rubare quanto di più prezioso abbiamo ricevuto e sta a fondamento di questa città: la speranza che nasce dalla fede per i credenti e dai principi laici di giustizia, solidarietà e pace”.

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