Papa Francesco non si è risparmiato nella giornata di domenica scorsa visitando due città e diocesi dell’Emila Romagna: Cesena (Sarsina) e Bologna. E’ stata per tutti una “Festa di Chiesa” e quelle immagini, quei momenti, sono impresse nel cuore e negli occhi dei tanti fedeli che hanno voluto partecipare e vivere e “sentire” così tanti gesti che gli hanno permesso, come ha ricordato l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo M. Zuppi, permesso di avvicinare tutti, per “mostrare a ciascuno il segno della vicinanza e per gettare con larghezza il seme della Parola di Dio”. Una folla che il presule - mercoledì nell’omelia per la festa del Patrono della città, San Petronio – ha paragonato alla “stessa folla del Vangelo che mosse a compassione Gesù e che abbiamo contemplato in questo anno del Congresso Eucaristico” che si concluderà domani.

“Nella Chiesa – ha detto -  gli altri sono tutti nostri! Non esiste il noi e il loro. I poveri hanno fin da subito lo ius di fratelli più piccoli, ci ricordano che dobbiamo essere fratelli tra di noi. La sfida di farli diventare ‘nostri’ si vince solo con l’amore, come Gesù chiede a tutti”. Era “la folla” di profughi cui il Papa ha donato uno ad uno il “pane di un gesto di riguardo e di attenzione. Uno ad uno. Smettevano così di essere un numero e diventavano, nei loro grandi sorrisi, una persona. Era la folla delle più di mille persone per le quali si è preparato un posto speciale per ciascuno, raccolte in questa casa del Signore (la Basilica di San Petronio, ndr) che è diventata per un giorno un anticipo di quel banchetto tutto umano dove si siederanno a mensa nel Regno dei cieli. Abbiamo contemplato un’immagine santa ed umanissima, come una vera icona evangelica che rivela il legame tra la mensa eucaristica e quella del servizio e dell’amore fraterno. E’ una eccezione che ci aiuta pregare di più, a vivere l’eucarestia tutti i giorni e, come c’è chiesto, essere noi eucarestia per il prossimo”. Con il papa, ha ricordato mons. Zuppi, “c’erano”, a tavola, i “nostri” anziani che “spesso non sono più di nessuno, abbandonati così alla tortura che è la solitudine e che hanno vissuto domenica ‘la giornata più bella della loro vita’”,  i senza fissa dimora, “attesi e non tollerati o allontanati perché i posti sono finiti”, i disabili, “che cercano e hanno diritto al lavoro e a tanta considerazione o quelli colpiti dalla malattia più difficile da riconoscere, quella mentale, che l’isolamento e la fragilità delle relazioni accentua e complica allo stesso tempo”. Insomma “la famiglia cui Gesù ci chiede di dare noi loro da mangiare”.

Di “storica” visita parla il settimanale della diocesi di Cesena-Sarsina, il “Corriere Cesenate” che dedica all’avvenimento un editoriale e un ampio inserto di 16 pagine con testimonianze ed articoli.  Una diocesi, quella cesenate, che si prepara da subito ad un pellegrinaggio a Roma per “restituirgli la visita, per manifestargli il nostro grazie”, dice il vescovo mons. Douglas Regattieri: “grazie per due ore straordinarie che hanno arricchito la nostra fede e ci hanno dato tanta gioia per proseguire il nostro cammino”. Nell’editoriale del giornale il direttore, Francesco Zanotti, dice che “nessuno si attendeva tanti colloqui così ravvicinati. Nessuno si poteva nemmeno immaginare che il Papa potesse dedicare così tanto tempo ad abbracciare, salutare, ascoltare, stringere mani e volti di quanti si sono sottoposti a una levataccia pur di non mancare a un appuntamento attesissimo”. Due “ricette” quelle lasciate da Papa Francesco: la prima è quella della “buona politica”, quella che “si spende per il bene comune di tutti”, evidenzia il giornale. La seconda, quella “rivoluzionaria”, è quella con “i vecchi che sogneranno e i giovani che profetizzeranno, l’apparente paradosso preso in prestito dal profeta Gioele. Giovani e vecchi, vecchi e giovani, ha ripetuto più volte Francesco”. “Due ricette, anche istruzioni per l’uso, per essere davvero rivoluzionari, alla maniera di Francesco. Per dare testimonianza – conclude Zanotti - della gioia del Vangelo”.