Papa Francesco analizza compiutamente il suo trittico di parole “che aprono la strada per vivere bene in famiglia”. Le ha ripetute più volte, in varie occasioni in questi anni: sono “permesso”, “grazie”, “scusi”. Per il Papa sono “tre parole chiave” per vivere in armonia; “parole semplici” che “forse in un primo momento ci fanno sorridere. Ma quando le dimentichiamo, non c’è più niente da ridere”.

Udienza generale nel giorno della festa della Vergine di Fatima. Presente in piazza anche la statua della Madonna Pellegrina, davanti alla quale Papa Francesco si ferma in preghiera; al termine chiederà anche un’Ave Maria in portoghese ai presenti.

Ma è sulla famiglia che il Papa continua a incalzare, inaugurando una nuova serie di riflessioni, di cui “la catechesi di oggi è come la porta d’ingresso”. Francesco preannuncia che nei prossimi mesi parlerà della “vita della famiglia, la sua vita reale, con i suoi tempi e i suoi avvenimenti”.

Vuole andare al cuore del problema, insomma. Ma la “porta”, quasi come premessa alla buona vita di famiglia, sono le tre parole tanto care a Papa Francesco, parole “per vivere in pace”.

“Sono parole semplici, ma non così semplici da mettere in pratica – ammette -! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare”.

Non si tratta di osservare la “buona educazione”, spiega Francesco: “Un formalismo delle buone maniere può diventare una maschera”, dice. Anche perché, “dietro tante buone maniere si nascondono cattive abitudini”; per esempio anche il diavolo si presenta come un “cavaliere”, a volte, nelle sue tentazioni, “sembra un teologo”.

Ecco perché Francesco cerca di dare una spiegazione al suo trittico che non sia solo empatica. Spiega che chiedere “permesso”, vuol dire “entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto”. Anche perché “la confidenza”, “ non autorizza a dare tutto per scontato. E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore”.

Il “grazie” presuppone “la gentilezza”, che spesso vendono visti “come un segno di debolezza, a volte suscitano addirittura diffidenza”. Ma, spiega il Papa, “questa tendenza va contrastata nel grembo stesso della famiglia” Francesco chiede di essere “intransigenti” su quella che definisce “educazione alla gratitudine, alla riconoscenza”: “la dignità della persona e la giustizia sociale passano entrambe di qui”. Di più: “Se la vita famigliare trascura questo stile, anche la vita sociale lo perderà”. D’altronde, “la gratitudine, poi, per un credente, è nel cuore stesso della fede: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio”.

“Scusa”, ammette Francesco è una “parola difficile, certo, eppure così necessaria”. Vuol dire “riconoscere di aver mancato, ed essere desiderosi di restituire ciò che si è tolto, rispetto, sincerità, amore”, atteggiamento che “rende degni del perdono”. Solo così, aggiunge il Papa si “ferma l’infezione”. D’altronde è tutto collegato: “Se non siamo capaci di scusarci, vuol dire che neppure siamo capaci di perdonare. Nella casa dove non ci si chiede scusa incomincia a mancare l’aria, le acque diventano stagnanti. Tante ferite degli affetti, tante lacerazioni nelle famiglie incominciano con la perdita di questa parola preziosa: ‘Scusami’”.

Nel salutare i pellegrini di lingua portoghese, il Papa ha ricordato la festa liturgica odierna: “In questo giorno della Madonna di Fatima, vi invito a moltiplicare i gesti quotidiani di venerazione e imitazione della Madre di Dio. Affidatele tutto ciò che siete, tutto ciò che avete; e così riuscirete ad essere uno strumento della misericordia e della tenerezza di Dio per i vostri familiari, vicini e amici”.