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Papa in USA, l'attesa di Washington

Washington, cattedrale nazionale | Cattedrale Nazionale, episcopaliana, Washington | Andrea Gagliarducci / ACI Group
Washington, cattedrale nazionale | Cattedrale Nazionale, episcopaliana, Washington | Andrea Gagliarducci / ACI Group
Washington Memorial | Washington Memorial | Andrea Gagliarducci / ACI Group
Washington Memorial | Washington Memorial | Andrea Gagliarducci / ACI Group
Union Station, Washington | Bandiere sventolano davanti a Union Station, Washington, DC | Andrea Gagliarducci
Union Station, Washington | Bandiere sventolano davanti a Union Station, Washington, DC | Andrea Gagliarducci
Constitutional Avenue | Bandiere vaticane già piazzate su Constitutional Avenue | Andrea Gagliarducci / ACI Group
Constitutional Avenue | Bandiere vaticane già piazzate su Constitutional Avenue | Andrea Gagliarducci / ACI Group

È una Washington che si prepara sonnacchiosa al grande abbraccio con Papa Francesco. Ce ne saranno, eccome, di persone a salutare il Papa sulla Constitutional Avenue, nel percorso che va dalla Casa Bianca al Campidoglio, dove il Papa parlerà alle Camere riunite, una prima nella storia dei pontificati. Ma è anche vero che questi eventi ci mettono tempo a fare breccia nel cuore degli Stati Uniti. E forse ancora di più a Washington, dove il sentimento popolare lascia spazio al lucido ragionamento politico.

È il sintomo di una città che ha visto crescere a dismisura gli attaché parlamentari, i portaborse, i segretari. Sono 100 i deputati del Congresso, due per ogni Stato. Negli anni Cinquanta, stavano in un solo palazzo, con i loro collaboratori. Oggi stanno in tre, perché la truppa dei collaboratori è cresciuta a dismisura. Ovvio che anche una visita del Papa assume contorni politici tutti da decifrare.

Era successo nel 2008, quando Benedetto XVI arrivò negli Stati Uniti di George W. Bush. Il quale entrò – fatto senza precedenti – fin dentro l’aereo per andare a prendere il Papa tedesco. E gli organizzò un ricevimento per il compleanno che ha poco a che fare con il ricevimento che viene organizzato per Papa Francesco.

Un ricevimento che conta 15 mila invitati, ma che fa rumore soprattutto per alcune presenze: quella di suor Simone Campbell, direttrice di Network, una lobby di “giustizia sociale” con base a Washington che tra l’altro era uno dei motivi per cui la Santa Sede aveva cominciato l’investigazione sulla sigla di suore americane LCWR.

E poi, il pastore Gene Robinson, episcopaliano, che ha lasciato la moglie e ora ha un compagno, cosa che ha fatto di lui il primo vescovo apertamente gay nella storia dei protestanti. E infine Mateo Wiliamson, che era tra le guide di Dignity USA, un gruppo pro gay che si definisce anche cattolico.

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Sono inviti che Obama ha fatto in modo cauto, cercando di evitare reazioni scomposte. Alcune persone possono invitare chi vogliono “a nome del presidente,” e – sebbene sia evidente che almeno in un caso Obama abbia spinto per avere questi nomi al ricevimento – formalmente quegli inviti sono stati fatti da altri.

Ma la sola presenza al ricevimento rinfocola un dibattito che non si è mai sopito. Che va a toccare lo stesso mondo cattolico, in una società polarizzata come quella americana. E sì che i cattolici hanno un impatto sulla vita pubblica: il 29 per cento del Parlamento è composto da deputati o senatori cattolici, e sono in molti i cattolici in posizioni elevate. Paradossalmente, è composta in maggioranza da cattolici anche quella Corte Suprema che ha di fatto imposto il matrimonio omosessuale in tutta la nazione.

Il peso del mondo cattolico è tutto da definire. Ma il mondo cattolico “conservative” – che negli Stati Uniti ha una accezione diversa da quella italiana – è molto preoccupato dagli esiti del discorso del Papa, del quale non sono piaciuti non solo gli eccessi ambientalisti della ‘Laudato Si’, ma anche una critica forte alla società americana che loro ritengono ingenerosa.

C’è persino chi protesta, come il rappresentante Paul Gozar, repubblicano dell’Arizona, che ha già fatto sapere che boicotterà il discorso del Papa. Ma nessuno vuole parlare, a questo punto della storia, e prendere commenti ufficiali sulle aspettative del discorso papale è praticamente impossibile.

“Il tipo è imprevedibile, e vogliamo prima aspettare per vedere se e come l’amministrazione Obama sfrutterà a suo vantaggio le parole del Santo Padre,” dice una fonte molto ben introdotta negli ambienti politici.

I quali, manco a dirlo, sono in fermento, cercano di direzionarsi dove va il Papa per la necessità di mantenere il suo appoggio. Ma allo stesso tempo sanno essere critici, e lo sono, in maniera forte con il Papa, accusato di avere una visione almeno ingenua dell’economia, e un pregiudizio negativo sui gringos americani.

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Solo che non vogliono parlare, hanno paura di criticare il Papa. Hanno soprattutto paura di non essere in grado di moderare i toni. Un editoriale del Washington Post degli scorsi giorni era particolarmente duro nel dipingere il Papa, messo sotto accusa soprattutto per l’ingenua enciclica sull’economia e “superficialità” con la quale affronta al questione ambientale. Questo è il tenore del dibattito a Washington, dove la bandiera del District of Columbia sventola insieme a quella USA e quella Vaticana.

E intanto nubi nere scendono sul Campidoglio, comincia a piovere. Sullo sfondo di ogni visuale si staglia, come sempre, il Capitol Hill, da cui si irradiano le strade della città. Il Papa è atteso con curiosità, e in alcuni rarissimi casi con ostilità. Chissà come gestirà il discorso al Congresso.