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Parolin: "Ecco le priorità della diplomazia vaticana"

Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Parolin, Segretario di Stato, in Vaticano | Marco Mancini / ACI Stampa Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Parolin, Segretario di Stato, in Vaticano | Marco Mancini / ACI Stampa

Fa il ritratto di una diplomazia vaticana “più attiva”, che ha assunto il ruolo di leader, che punta a “lottare contro la povertà, costruire ponti, lavorare per la pace”. Sottolinea la necessità di “ridare un’anima all’Europa”. E mette in luce la necessità di difendere la libertà religiosa. A Davos per il World Economic Forum, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, partecipa ad una conversazione, riportata da Radio Vaticana.

Il numero 1 della diplomazia pontificia prima di tutto osserva che la diplomazia vaticana è ormai “riconosciuto come un leader globale”, perché riconoscono questo ruolo del Papa. Il quale – aggiunge - ha dato tre obiettivi alla diplomazia vaticana. Il primo: lottare contro la povertà. Il secondo: costruire ponti. Terzo; raggiungere la pace nel mondo. E seguendo queste tre linee, stiamo cercando di intervenire nelle situazioni in cui è possibile intervenire”.

Si inserisce in questo solco una delle principali attività della Santa Sede, quella di “proteggere, difendere e promuovere la libertà religiosa” che “è il primo dei diritti umani”, perché “se la libertà religiosa è protetta anche gli altri diritti umani vengono tutelati e promossi”.

“Sentiamo veramente – ha detto il Cardinale Parolin - che non stiamo lavorando solo per la libertà della Chiesa o solo per la libertà dei cattolici: quando parliamo di libertà religiosa stiamo facendo qualcosa per tutti! E questo è interesse di tutti, di tutti i credenti, appartenenti alle differenti religioni ed è il cuore dell’azione della Santa Sede”. Perché la difesa della libertà religiosa non è solo la difesa dei credenti, ma anche della persona umana, della quale – nota il segretario di Stato – non può essere tralasciata la visione trascendente.

Il Cardinale poi si sofferma sulla crisi dell’Unione Europea, e sottolinea che l’impegno della diplomazia della Santa Sede è di dare oggi nuovamente – e lasciatemi usare questa parola – un’anima all’Europa. Un’anima all’Europa! Forse mi ripeto ancora e ancora, ma questo è un punto molto, molto importante: riconoscere la persona in ogni sua dimensione. Il rischio oggi è quello di ridurre la persona soltanto ad una dimensione economica e materiale”.

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Per questo si deve tornare “ai Padri Fondatori dell’Europa”, cercare una idea europea fatta non solo di mercati ed economia, ma anche di persone. E la religione – aggiunge il capo della diplomazia vaticana – ha un ruolo importante in tutto questo, non “va relegata solo ad una dimensione privata”, non riguarda solo “i sentimenti”, ma “ha qualcosa da dire sulla scena pubblica”. E questo non è un discorso che riguarda solo la Chiesa cattolica, ma tutte le fede. “Non chiediamo nessun privilegio”, chiosa il Cardinale.

Ma è proprio attraverso un maggiore ruolo della fede che si può rispondere al terrorismo di matrice religiosa, che è una “chiara manipolazione della religione”, come ha più volte detto il Papa.

Il Papa dà grande attenzione al tema dell’immigrazione. Il Cardinale sottolinea che la grande sfida oggi è come rendere le differenze non una fonte di scontro ma di arricchimento reciproco. C’è la paura di perdere la propria identità, ma la chiusura e la non accettazione dell’altro sono attitudini che ci impoveriscono e non ci fanno progredire. Occorre lavorare insieme e l’Europa purtroppo non riesce ad elaborare una politica comune sulle migrazioni”.

Infine, il tema del disarmo nucleare, che è parte di quell’utopia del disarmo integrale da sempre inseguita dalla Santa Sede. Afferma il Cardinale Parolin:“Stiamo riflettendo con la comunità internazionale sulla moralità del concetto di deterrenza nucleare. Ancora una volta dobbiamo dire che una pace costruita sulla paura non è pace”.