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Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, proseguono i lavori

Briefing della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori | Alcuni membri della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori incontrano la stampa, Domus Carmelitana, Roma, 12 ottobre 2015 | Bohumil Petrik / ACI Group Briefing della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori | Alcuni membri della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori incontrano la stampa, Domus Carmelitana, Roma, 12 ottobre 2015 | Bohumil Petrik / ACI Group

A ranghi completi, la Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori si è riunita per la seconda volta dal 9 all’11 ottobre. L’obiettivo? Discutere possibili linee guida, vedere come assistere le Conferenze Episcopali di tutto il mondo che chiedono di essere aiutate, migliorare i processi di individuazione delle responsabilità in caso di abusi (la cosiddetta accountability). Ma soprattutto, studiare. Dice un portavoce della Pontificia Commissione, infatti, che “il loro compito è quello di studiare. Non ci sono da vedere effetti a breve termine.”

Per ora, della commissione si sa che ha formato sei gruppi di lavoro. Si occupano: della salvaguardia e della protezione dei minori; della cura e della guarigione delle vittime e dei loro familiari; della formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa e dell’educazione dei vertici della Chiesa; dell’educazione di famiglie e comunità; di teologia e spiritualità; di norme civili e canoniche.

Ancora in discussione la proposta, portata al Consiglio dei cardinali dello scorso giugno, di un “tribunale” ad hoc all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede per i vescovi che hanno coperto gli abusi, o che non si sono comportati in maniera opportuna per combattere il fenomeno. In realtà, spiegano, non si trattava di un tribunale, perché la Congregazione è già un tribunale di per sé. Si trattava piuttosto della proposta di avere uno staff creato ad hoc, che si occupasse solo dei casi.

In realtà, più che andare a toccare le competenze della CDF – che continua il suo lavoro incessante nella risposta agli abusi - , la Pontificia Commissione si occupa soprattutto di implementare le linee guida nei casi di abusi e di individuare le pratiche migliori. Bill Killgallon, un inglese trapiantato in Nuova Zelanda che nella Pontificia Commissione si occupa appunto di sviluppare le linee guida, spiega ad ACI Stampa che “noi cerchiamo le migliori pratiche, e poi vediamo come svilupparle. Non possiamo dire al momento quali sono le pratiche migliori trovate nel mondo. Ma di certo, non c’è una ricetta buona per tutti. C’è un principio di inculturazione che va rispettato, ogni nazione ha la sua mentalità, il suo modo di fare.”

Pare però che l’Irlanda sia la nazione dove la risposta agli abusi ha meglio funzionato. Le linee guida sono state riscritte tre volte, anche sotto la sapiente guida di Charles Brown, il nunzio che Benedetto XVI pescò direttamente dai ranghi della Congregazione della Dottrina della Fede. Ora queste pratiche dovranno essere applicati anche in nazioni che sono più indietro nel rispondere alle linee guida richieste dalla CDF nel 2011, in particolare nell’Africa dell’Ovest.

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Intanto, i membri della commissione sono andati a fare seminari alle conferenze episcopali, per delineare una risposta agli abusi. Ce n’è stato uno nelle Filippine, che ha radunato tutti i membri della Conferenza Episcopale in una stagione di monsoni, e che ha avuto – dicono i membri – una grande risposta. Ce ne sono stati anche nel Regno Unito, in Francia, in Nuova Zelanda. “La risposta alle nostre iniziative è stato molto positivo – si legge nel comunicato della Pontificia Commissione per i Minori – e il contributo della commissione è stato visto come una risorsa per la Chiesa locale in tutto il mondo, mentre le Conferenze Episcopali continuano a sviluppare adeguate ed efficaci linee guida di risposta agli abusi che riflettano la realtà locale.”

Il prossimo appuntamento della commissione è previsto a febbraio.