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Rio 2016, c'è anche una squadra di rifugiati. E il Papa li saluta

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Non hanno dovuto solo superare allenamenti durissimi, ma anche guerre e persecuzioni: sono i dieci membri del ROT, il Refugee Olympic Team, cui Papa Francesco ha mandato un messaggio di auguri alla vigilia della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Rio, riportato il 5 agosto sull’Osservatore Romano.

“Che il coraggio e la forza che portate dentro possano esprimere attraverso i Giochi Olimpici un grido di fratellanza e di pace”, scrive Papa Francesco.

L’augurio del Papa è che “tramite voi tutti, l’umanità comprenda che la pace è possibile, che con la pace tutto si può guadagnare; invece con la guerra tutto si può perdere”. E spera, il Papa, che la testimonianza degli atleti rifugiati “faccia bene a tutti”.

Alla cerimonia di inaugurazione di ieri, la squadra dei rifugiati ha sfilato sotto la bandiera olimpica, appena prima del Brasile, Paese ospitante. Cinque di questi atleti arrivano dal Sud Sudan, due dalla Siria, due dal Congo, uno dall’Etiopia. Sono stati selezionati tra 43 candidati – come ha sottolineato il presidente del Comitato Olimpico Thomas Bach – “non hanno casa, non hanno una squadra, né una bandiera o un inno”. Per questo, hanno sfilato sotto il vessillo olimpico, con l’inno delle Olimpiadi li rappresenterà, dando “un segnale di speranza per tutti i rifugiati del mondo”.

Il profilo di questi dieci atleti è stato delineato da Ettore Sutti in “Scarp de’ Tenis”, mensile di strada della Caritas. Sutti ricorda in particolare la siriana Yusra Mardini, uno dei volti più noti della selezione, ragazzi di 15 anni che “è stata quella che, insieme ad altri, nell’agosto del 2015 si è tuffata dal barcone che stava affondando nelle acque del Mare Egeo con 20 migranti a bordo, e per tre ore lo ha trascinato fino a mettere tutti in salvo sulle coste dell’Isola di Lesbo”.

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Yolande Mabika e Popole Misenga sono invece due judoka, e vengono dalla Repubblica democratica del Congo. Rami Anis, siriano, gareggia nelle gare di nuovoto, Yonas Kinde, etiope, è un maratoneta che oggi vive in Lussemburgo.

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha sottolineato che “inviare una squadra di rifugiati ai Giochi di Rio significa mandare un messaggio di speranza per i rifugiati in tutto il mondo in un momento in cui il numero di persone costrette ad abbandonare la propria casa a causa di conflitti e persecuzioni è senza precedenti”.

Secondo i dati più recenti, la popolazione mondiale di rifugiati, sfollati e richiedenti asilo ha raggiunto la cifra record di 59,5 milioni alla fine del 2014 ed è in continuo aumento.

Non poteva dunque mancare il messaggio di Papa Francesco, che ha fatto della cura dei rifugiati una delle priorità del suo pontificato. Il Papa ha anche fatto avere il suo messaggio augurale per le Olimpiadi attraverso un tweet: “Siate sempre messaggeri di fraternità e di autentico spirito sportivo”.