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Santa Sede al mondo: “E’ tempo di soluzioni salva-vita in Medio Oriente e Africa”

Consiglio di Sicurezza | La sala dove si svolge il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite | Andrea Gagliarducci / ACI Group Consiglio di Sicurezza | La sala dove si svolge il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite | Andrea Gagliarducci / ACI Group

È l’immagine del piccolo Aylan Kurdi, rimasto senza vita su una spiaggia in Turchia, che fa da filo conduttore all’intervento dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Una immagine che gli serve per sollecitare la comunità internazionale. Sono stati troppi gli Aylan, prima. Ma ora si deve fare presto, perché anche un solo Aylan in più sarebbe troppo.

“Il corpo senza vita e limpido di Aylan chiede con disperazione alla comunità internazionale, e in particolare al Consiglio di Sicurezza, di fare tutto quello che può per fermare questa situazione, in modo che altre vite innocenti possano essere salvate dallo stesso tragico destino,” afferma l’arcivescovo Gallagher. E aggiunge: “Qualunque cosa facciamo da questo momento in avanti sarà troppo tardi per Aylan per le altre migliaia le cui vite hanno avuto fine a causa della nostra sofferenza collettiva e delle rivalità nazionali.” Da oggi in poi, “ogni azione che possa salvare anche un solo Aylan dalla morte e da tutte le forme di atrocità non è solo opportuna, ma urgente.”

L’arcivescovo Gallagher ha parlato il 30 settembre di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a un dibattito aperto sullo “Stabilimento dei Conflitti in Medio Oriente e Nord Africa e contrasto alla minaccia terroristica della regione.” Il dibattito è stato organizzato dalla presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza, la Russia, che l’arcivescovo ringrazia all’inizio dell’intervento. Dall’inizio del conflitto in Medio Oriente, la Santa Sede ha sempre mantenuto i contatti aperti con la Russia di Vladimir Putin, sulla quale si è appoggiata per evitare l’esacerbarsi del conflitto in Siria.

Ma parlare di un asse sarebbe inappropriato, dato che la Santa Sede, in questo momento, si appoggia diplomaticamente a quanti condividono con essa lo sforzo per la pace. Una attività diplomatica delineata sul “dovere di proteggere” che esattamente un anno fa il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, delineava in una serie di interventi alle Nazioni Unite.

Nel suo intervento, il “ministro degli Esteri” vaticano ricorda per intero il passaggio dell’intervento di Papa Francesco alle Nazioni Unite in cui si delineano le regioni del conflitto, dal Nord Africa al Medio Oriente. E cerca di spiegare le cause del conflitto.

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“La crisi delle migrazioni nel Mediterraneo e in molte parti d’Europa – sottolinea – è stata provocata in maniera significativa dalla violenza e la persecuzione perpetrata dai gruppi terroristici nel Medio Oriente e nel Nord Africa.”  E sottolinea che “la Santa Sede chiede a gran voce alla comunità internazionale di non rimanere silente e inerte di fronte a tutte le tragedie che stanno accadendo anche nel momento stesso in cui parliamo e sotto gli occhi di questo consiglio.”

L’arcivescovo dice che “non c’è bisogno di enumerare” tutte le multiple e complesse emergenze in corso, ma si concentra soprattutto sulla situazione di 12 milioni di Siriani “che hanno bisogno di assistenza umanitaria.” Di questi – spiega – 7 milioni sono sfollati, e 5 milioni sono diventati rifugiati in altre nazioni. Inoltre, la Santa Sede “considera un grave dovere denunciare la distruzione completamente senza senso di alcuni dei luoghi patrimonio culturale della Siria.” “La situazione – afferma Gallagher – è estremamente grave e peggiora giorno dopo giorno.” Per questo motivo, la Santa Sede ritiene “lo stabilizzarsi del conflitto in Siria la massima priorità di questo Consiglio di Sicurezza e di tutte le autorità in Siria e Medio Oriente.”

La Santa Sede esprime anche gratitudine alle nazioni che, “nonostante le difficoltà e le risorse limitate, hanno accolto e si sono prese cura dei milioni di rifugiati,” e ricorda l’impegno in prima linea delle istituzioni cattoliche.

L’arcivescovo Gallagher reitera anche la posizione diplomatica della Santa Sede: cercare un accordo politico, fermare l’afflusso delle armi. “Riempire la regione con sempre più distruttive armi non fermare la violenza e le sofferenze. Quello di cui ha bisogno la regione sono soluzioni politiche negoziate al conflitto che lo continua a bloccare,” afferma Gallagher.

Ed esorta: “C’è bisogno di queste soluzioni ora, se questo ci porta a vincere la guerra contro il terrore; se le popolazioni non vengono costrette a fuggire; se la libertà e la stabile democrazia possono così avere almeno una possibilità di fiorire nella regione; se i leader della regione impareranno a sistemare le dispute in maniera pacifica; e se le forze e i poteri stranieri decideranno di trattenersi dall’imporre le loro volontà nella regione.”

Per la Santa Sede, è necessario che ogni accordo duraturo “deve considerare l’inviolabile dignità e diritti della persona umana, senza discriminazione di razza religione, credo politico e differenze.” Una sottolineatura necessaria perché molti cittadini e gruppi in Medio Oriente e Nord Africa “sono sotto minaccia di morte e violenza” a causa delle loro appartenenze etniche, politiche e religiose. Ma ai terroristi “non deve mai essere permesso di distruggere secoli di pacifica coesistenza tra musulmani e cristiani nella regione,” e nemmeno si deve permettere di perpetuare “la bugia dei gruppi terroristici che rivendicano di uccidere e opprimere nel nome della religione,” cosa che va denunciata “nei termini più forti possibili.”

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“Come possiamo guardare in silenziosa paralisi mentre gli esseri umani nostri simili vengono perseguitati, esiliati, uccisi, bruciati vivi e decapitati solamente perché hanno un differente credo religioso o sono parte di un gruppo di minoranza?” chiede con forza Gallagher, in conclusione dell’intervento. E afferma: “Ora è il tempo per una azione che salvi le vite!”