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Sinodo dei vescovi, un cammino di riforma

Una assemblea sinodale |  | David Kerr/CNA Una assemblea sinodale | | David Kerr/CNA

Tre giorni di lavoro sul motu proprio di Paolo VI “Apostolica Sollicitudo” che istituì il Sinodo dei Vesovi, per approfondire il discorso che Papa Francesco ha pronunciato il 17 ottobre 2015 in occasione della commemorazione del cinquantesimo anniversario del documento. Il Seminario si è svolto a Roma e vi hanno partecipato numerosi docenti di ecclesiologia e di diritto canonico provenienti da diverse Università e Facoltà ecclesiastiche del mondo.

“Durante i lavori- si legge nel comunicato ufficiale- è emersa l’esigenza di inquadrare il Sinodo dei Vescovi nella cornice più ampia di un’ecclesiologia sinodale, in analogia con il mistero di unità, nella distinzione, della Santissima Trinità. Questa prospettiva porta a concepire l’autorità episcopale in Synodo come servizio al Popolo di Dio, di cui si riconosce la dignità sacerdotale fondata sul Battesimo”.

Si parla di una “riscoperta della soggettività del Popolo di Dio e della relazione costitutiva che ciascun Vescovo intrattiene con la propria Chiesa e simultaneamente con la Chiesa universale, richiede di considerare nei processi sinodali non solo il Vescovo di Roma e l’Episcopato, ma anche i fedeli”.

Alla luce di questo nelle prossime assemblee sinodali la consultazione del Popolo di Dio dovrebbe avere una ruolo più significativo nella preparazione dei Sinodi per i quali si ipotizza anche una partecipazione nella assemblea dei fedeli con maggior spazio agli uditori.

Una maggiore collaborazione anche con i Sinodi delle Chiese orientali e con le Conferenze episcopale nazionali è considerata opportuna nella fase della attuazione.

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Il sinodo dovrebbe essere sempre più un “processo” piuttosto che un “evento” e andrebbe rivisto anche il  documento finale del Sinodo dei Vescovi, emanato dall’autorità del Pontefice.

“In vista di una revisione della normativa sul Sinodo dei Vescovi - si legge nella nota- si è auspicato di premettere un proemio dottrinale, che radichi strutturalmente il Sinodo nel contesto di una ecclesiologia sinodale”.

La riflessione si è allargata alla sinodalità in diverse strutture dalle parrocchie alle conferenze episcopali alla Curia romana.

“I lavori del Simposio, - termina la nota- si sono conclusi con la consapevolezza che il discorso tenuto dal Santo Padre per il cinquantesimo anniversario del Sinodo dei Vescovi, è uno dei testi programmatici e teologicamente più impegnativi per la Chiesa, in particolare laddove il Pontefice scrive: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire». È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14, 17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2, 7). Il Sinodo dei Vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa”.

Il dibattito sulla funzione, struttura e operatività del Sinodo dei Vescovi, realtà nata in tempi moderni dalla esperienza del Concilio Vaticano II, è sempre stato vivace anche se in molta parte per addetti ai lavori.

Già in testo del 1985 l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede il cardinale Joseph Ratzinger, indicava alcune proposte pratiche per la riforma del Sinodo

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E metteva in luce quattro problemi; “che cosa si può trattare nel sinodo, ossia con quale grado di libertà si discute;  in che modo si deve discutere, ossia quale è il miglior metodo di lavoro sinodale;  chi entra a discutere nel sinodo, ossia in che modo le chiese particolari possono realmente partecipare ai suoi lavori;  a quale scopo si discute, ossia quali possono essere i frutti dei Sinodi; che cosa si può trattare nel sinodo, ossia la libertà del sinodo”.

Fu propio Benedetto XVI infatti a portare le prime novità nel lavoro sinodale con la introduzione ad esempio dell’ ora di discussione libera.

Del resto, oltre a Giovanni Paolo II, Joseph Ratzinger è stato il vescovo che ha maggiormente lavorato nel Sinodo. Nell’insieme, il cardinale Ratzinger-Benedetto XVI ha partecipato a dieci Assemblee Generali Ordinarie, una Straordinaria e nove Speciali. Come Papa ha presieduto cinque Assemblee sinodali: tre Assemblee Generali Ordinarie (2005, 2008 e 2012) e due Assemblee Speciali (nel 2009 per l’Africa e nel 2010 per il Medio Oriente). I suoi contributi durante i Sinodi dei Vescovi come pure i suoi pronunciamenti ai Consigli di Segreteria Generale consentono pertanto, come lo stesso Papa emerito ha avuto il modo di ricordare, di “vedere il cammino dei Sinodi di questi ultimi 35 anni e nello specchio dei Sinodi la collaborazione dei Vescovi e del Papa e la maturazione dell’eredità del Concilio Vaticano II”.