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Sono stati martiri in Perù. E sono ora nel "pantheon" dei nuovi martiri

Martiri del Perù | Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek, i frati francescani martirizzati in Perù | PD Martiri del Perù | Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek, i frati francescani martirizzati in Perù | PD

Quest’anno il pantheon dei martiri e testimoni cristiani del XX secolo all’Isola Tiberina si è “arricchito” delle reliquie di due nuovi beati polacchi: Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek. I due francescani polacchi furono assassinati il 9 agosto 1991 in Perù per mano dei membri di “Sendero luminoso”, l’organizzazione armata d’ispirazione maoista.

Commentando il loro assassinio Giovanni Paolo II disse: “Sono i nuovi santi martiri del Perù”. La profezia del Pontefice si è verificata 24 anni dopo la loro morte: il 3 febbraio quando la Congregazione delle Cause dei Santi ha riconosciuto il martirio dei Servi di Dio Zbigniew e Michał e Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto riguardante il loro martirio. La solenne Messa di beatificazione presieduta dal card. Amato è stata celebrata il 5 dicembre 2015, nella città peruviana di Chimbote, diocesi dove svolgevano la loro missione i martiri.

La cerimonia di consegna delle reliquie (i sandali del beato Michał Tomaszek, il calice usato dai beati e l’ampolla con la terra dove è avvenuto il martirio) ha avuto luogo alle 20,30 del 19 gennaio ed è stata presieduta da mons. Marco Gnavi dalla Comunità di Sant’Egidio alla presenza del ministro generale dell’ordine dei Frati Minori Conventuali, p. Marco Tasca, dei superiori dei francescani di vari Paesi, dai confratelli dei martiri venuti dalla Polonia e del rettore del santuario, don Angelo Romano.

La storia dei martiri polacchi del Perù conferma ancora una volta che la storia del Cristianesimo è una lunga storia di martirio che dura da venti secoli. In ogni epoca uomini e donne sono stati uccisi o perseguitati per il solo fatto di essere i discepoli di Cristo o di voler vivere secondo il Vangelo. La persecuzione non è cessata nemmeno nei nostri tempi e il XX secolo ne è la prova. Il 7 maggio dell’anno del Grande Giubileo 2000 Giovanni Paolo II disse al Colosseo: “L’esperienza della II Guerra Mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione l’esempio luminoso di quanti, dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo. E sono tanti! La loro memoria non deve andare perduta, anzi va recuperata in maniera documentata”.

Per recuperare tale memoria il Papa polacco ha istituito la Commissione “Nuovi Martiri” auspicando il carattere ecumenico di tale ricerca perché convinto dell’importanza dell’”ecumenismo del martirio”. Negli anni 1999-2000 la Commissione voluta da Giovanni Paolo II aveva la sua sede negli ambienti attigui alla basilica di San Bartolomeo all’Isola nel cuore di Roma, che dal 1993 è affidata alla comunità di Sant’Egidio.

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I risultati del lavoro sono stati impressionanti: in poco tempo la Commissione ha raccolto più di 12 mila storie del martirio dei cristiani nel XX secolo. Per non lasciare queste testimonianze luminose della fede soltanto agli storici, il Papa ha voluto che la Basilica di San Bartolomeo – che già conservava le reliquie dell’Apostolo Bartolomeo e di sant’Adalberto di Praga, martire del X secolo, molto venerato in Polonia con il nome di “Wojciech” – diventasse santuario di questi nuovi martiri. Il 12 ottobre 2002 ebbe luogo una solenne celebrazione ecumenica presieduta dal card. Camillo Ruini e dal Patriarca ortodosso romeno Teoctist, durante la quale sull’altare maggiore fu posta e benedetta una grande icona dei nuovi martiri.

Invece nelle cappelle laterali, tre da ogni lato, furono collocate reliquie e “memorie” dei “nuovi” martiri, tra cui anche i connazionali di Giovanni Paolo II che sono stati vittime di due totalitarismi del XX secolo conosciuti personalmente dal Papa.

Nel 2012 il card. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, in una solenne cerimonia consegnò al rettore del santuario le reliquie dei tre beati polacchi: Karolina Kózkówna, martire, “Maria Goretti polacca”, brutalmente uccisa da un soldato sovietico nel tentativo di stupro ad appena sedici anni; Stanisław Starowieyski, fervente cattolico, attivista del laicato, internato dai tedeschi nel campo di concentramento di Dachau, dove morì per malattie, pesanti lavori fisici e brutali pestaggi e padre Jerzy Popiełuszko, sacerdote, cappellano del sindacato “Solidarność”, ammazzato dai servizi segreti comunisti nel 1984.

L’anno successivo nel santuario sull’Isola Tiberina sono state sistemate le reliquie degli altri tre beati polacchi: dei sacerdoti Wincenty Matuszewski e Józef Kurzawa (ambedue ammazzati nel 1941 da un ufficiale tedesco durante la seconda guerra mondiale) e del vescovo ausiliare di Włocławek, mons. Michał Kozal, martire nel campo di concentramento nazista Dachau.

Invece nel 2015 nella Basilica di San Bartolomeo vennero portate le reliquie di san Massimiliano Maria Kolbe, il francescano polacco che fu definito “patrono del nostro difficile secolo” da san Giovanni Paolo II in occasione della messa di canonizzazione (10 ottobre 1982). Padre Kolbe fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1941, dove il 14 agosto offrì la sua vita in cambio di quella di un altro prigioniero, padre di famiglia; fu condannato a morte nel “blocco della fame”. È stato beatificato nel 1971 da papa Paolo VI, che lo chiamò "martire dell'amore", e canonizzato 1982 da papa Giovanni Paolo II.

Quest’anno, il 20 gennaio il pantheon dei martiri e testimoni cristiani del XX secolo all’Isola Tiberina si è “arricchito” infine delle reliquie di Zbigniew Strzałkowski e Michał Tomaszek.

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