Poco dopo le 11 Papa Francesco e i suoi collaboratori della Curia Romana sono rientrati in Vaticano dopo aver concluso - ad Ariccia - gli Esercizi Spirituali tenuti dal Padre servita Ermes Ronchi.

Nelle ultime due meditazioni proposte P. Ronchi ha spiegato che “Maria ricorda che la fede o è gioiosa fiducia o non è. Maria entra in scena come una profezia di felicità per la nostra vita, come una benedizione di speranza, consolante, che scende sul nostro male di vivere, sulle solitudini patite, sulle tenerezze negate, sulla violenza che ci insidia ma che non vincerà, perché la bellezza è più forte del drago della violenza, assicura l’Apocalisse. E l’angelo con questa prima parola dice che c’è una felicità nel credere, un piacere di credere”.

Davanti all’annuncio dell’Angelo, ha continuato il predicatore come riporta la Radio Vaticana, anche Maria è perplessa. “Avere perplessità, porre domande è un modo per stare davanti al Signore con tutta la dignità umana. Da nessuna parte è detto che la fede granitica sia meglio della fede piccola intrecciata a domande. Basta che sia autentica, quella che nella sua piccolezza ha ancora più bisogno di Dio. E infatti quello che mi dà speranza è vedere come nel popolo di Dio continuano a crescere le domande, nessuno si accontenta più di risposte, di parole già sentite, di risposte da prontuario, vogliono capire, andare più a fondo, vogliono fare propria la fede. Un tempo quando tutti tacevano davanti al sacerdote era un tempo di maggior fede? Credo sia vero il contrario e se questo è più faticoso per noi, è anche un alleluia, un finalmente”.

E ieri sera, nella penultima meditazione, il Padre servita aveva ribadito che “ogni credente è un credente nell’amore: cioè un rianimatore di legami, un risvegliatore di legami, uno che aiuta gli uomini a ritrovare fiducia nell’amore. Noi abbiamo creduto l’Amore. Credere è avere una storia con Dio, camminare nell’amore con una persona. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza che è linfa vitale che alimenta ogni male, la linfa segreta del peccato. L’indifferenza per cui l’altro per te non esiste, non conta, non vale, non è niente”.