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Terremoto: Macerata celebra San Giuliano mentre la terra trema

La messa allo Sferisterio |  | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata
La messa allo Sferisterio | | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata
La messa allo Sferisterio |  | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata
La messa allo Sferisterio | | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata
La messa allo Sferisterio |  | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata
La messa allo Sferisterio | | Roberto Properzi / Diocesi di Macerata

Mercoledì scorso, il 31 agosto, la Chiesa maceratese ha festeggiato il suo patrono, san Giuliano l’ospitaliere nello Sferisterio del capoluogo invece del duomo, perché danneggiato dal terremoto del 24 agosto (finora le scosse nel maceratese sono state oltre 3400).

Nonostante questa ‘paura’ infinita, davanti a quasi 2000 fedeli mons. Nazzareno Marconi, concelebrando con il nunzio apostolico in Spagna mons. Renzo Fratini, ha pregato per le vittime, devolvendo le offerte della celebrazione alle necessità della popolazione colpita dal sisma: “Gesù è in mezzo a chi scava senza riposo tra le macerie; tra chi studia i rischi del sisma impegnando la mente. Questo terremoto ci ha insegnato il valore della vita. Le case crollate si possono ricostruire, i beni materiali recuperare ma le vite non si recuperano, se non agli occhi della fede”.

Riprendendo la prima lettura mons.Marconi ha ‘letto’ questo tragico evento con gli occhi della fede, che è sempre salvifica: “In questo Anno Santo della Misericordia la celebrazione di san Giuliano prende un significato particolare, anche per l’esperienza, purtroppo molto vicina, del terremoto che ha flagellato la nostra terra. Le letture di oggi, ed in particolare il brano del libro del Siracide, mi sembrano un dono di luce spirituale, per leggere con fede questa esperienza che stiamo vivendo. Ben Sirach il saggio dell’antico testamento autore di questo testo, dopo aver riletto la storia passata del suo popolo con le sue alterne vicende, confessa la sua fede in una provvidenza divina che guida la storia: egli sa che ‘il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione’.

Noi abbiamo sperimentato questa salvezza: se il numero delle vittime è alto e preoccupante, poteva però essere ancora più tremendo, se il terremoto fosse avvenuto in altri orari. Ma, ancora di più, abbiamo sperimentato come Dio ci salva dagli eventi negativi, che fanno parte della nostra vita fragile sulla terra, attraverso l’impegno degli uomini di buona volontà... Per questo da credenti sentiamo oggi tutto il dovere della preghiera di suffragio per le vittime. Non è vero che non possiamo fare più nulla per loro. Possiamo pregare ‘il Signore clemente e misericordioso, che perdona i peccati’ perché li accolga nelle braccia della sua misericordia”.

Quindi, collegandosi a quanto predicato dal vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole, e da quello di Rieti, mons. Domenico Pompili, durante le esequie solenni dei morti di Arquata, Pescara del Tronto, Amatrice, Accumoli, mons. Marconi ha fatto riferimento all’opera dell’uomo che, di fronte a calamità naturali così immense, gioca un ruolo fondamentale, con la consapevolezza di una trasparenza doverosa in cui, davvero, si fonda il bene e il futuro dell’uomo: “Sappiamo bene che le responsabilità di uomini che non fanno il proprio dovere per il bene comune, possono aggravare le conseguenze di un evento naturale com’è un sisma. E purtroppo questa storia di inadempienze e colpevoli mancanze la conosciamo e la scopriamo sempre di più.

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Tuttavia l’impegno eroico di uomini retti, che sostenuti dal civismo e molto spesso dalla fede, salvano, soccorrono ed ospitano le vittime del terremoto, sono le mani di Dio che salva e che protegge. Dio è nei luoghi più devastati dal terremoto ed anche tra le nostre case e Chiese lesionate, attraverso la presenza dei credenti che operano”. Commentando le parole del vangelo (‘Dove due o più sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro’) ha ricordato il terremoto del 1997, da lui vissuto ad Assisi: “Gesù è in mezzo a chi scava senza riposo tra le macerie, è tra chi accoglie gli sfollati nelle tende e prepara un pasto caldo, ma è anche tra chi studia i rischi ed impegna la sua mente e le sue competenze tecniche per ridurre il pericolo e trovare soluzioni più sicure per il futuro. Noi siamo le mani di Dio per aiutare il mondo, dice una vecchia canzone, ed il terremoto ci ha ricordato questa bella verità e ci chiama sempre più all’impegno ed alla responsabilità verso chi soffre”.

Ed ha concluso l’omelia con un ‘sogno’ da affidare alla protezione di san Giuliano ed alla collaborazione di uomini e donne’: “La meditazione alla luce della parola di Dio su questo evento che abbiamo vissuto e che segnerà anche il nostro futuro, mi ha spinto a notare tutta la passione con cui le forze migliori del Paese, dal volontariato ai tecnici di ogni ambito, agli operatori della comunicazione sociale ed anche ai politici, si sono mobilitati davanti a delle case in macerie per salvare il salvabile ed evitare che altre case in futuro potessero finire in macerie. Non ho potuto fare a meno di pensare a quante altre case, nel senso di famiglie, di nuclei familiari in crisi, sono a rischio crollo o sono già in macerie. Quando crolla interiormente una famiglia ci sono egualmente vittime e spesso soprattutto vittime innocenti. Non ho potuto fare a meno di pensare che se tutti mettessero lo stesso impegno per rendere antisismiche davanti alle prove della vita le unioni familiari; se alle prime scosse tutti si mobilitassero con la stessa generosità che vediamo oggi; se i politici prendessero provvedimenti altrettanto celeri e saggi per dare sostegno alle famiglie che rischiano di crollare dentro, la nostra intera società ne guadagnerebbe molto. Quante vittime e quanto dolore potremmo evitare se scattasse una ‘protezione civile’ altrettanto efficiente in difesa di chi si ama e vuol continuare ad amarsi, con l’aiuto generoso di tanti per superare le crisi ed i sismi della vita. E’ un sogno di vescovo, che affido alla protezione di san Giuliano ed alla collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà che sono tra noi e per fortuna sono tanti”.

Ed il presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana, card. Edoardo Menichelli, ha inviato un messaggio, a nome dei vescovi marchigiani, di solidarietà e vicinanza con le popolazioni distrutte dal terremoto: “I vescovi delle Marche partecipano al dolore, alle sofferenze delle popolazioni colpite dal sisma che ha interessato la nostra regione in modo particolare la diocesi di Ascoli Piceno e la vicina regione del Lazio. Il terremoto, come sappiamo, ha provocato morti, dolori, e grandi rovine. In questa circostanza così dolorosa vogliamo invitare tutte le nostre comunità diocesane alla preghiera di suffragio per i defunti e di consolazione spirituale per tutti. Invitiamo alla vicinanza che offre conforto e ridona speranza, e solidarietà che si fa strumento di speranza per il futuro.

Le nostre chiese si uniranno alla giornata di raccolta del 18 settembre. Tuttavia chi fin d’ora vuol dare il proprio contributo si può rivolgere alla Caritas della propria diocesi. Impegni futuri di condivisa solidarietà saranno programmati. Ci sentiamo di ringraziare le varie istituzioni che si sono prodigate per i soccorsi e il grande numero di volontari che con la loro azione collaborano nell’attività di soccorso. Ai feriti ricoverati nei vari ospedali va la nostra vicinanza e la nostra preghiera. Dio consoli ognuno di noie e ci dia nuova speranza”.