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Torna Don Camillo, il curato con l'odore delle pecore della Bassa emiliana

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Don Camillo: per lui il tempo sembra non passare mai, anzi  lo conserva sempre vivo e più forte che mai. Grazie, certo, anche alla saga cinematografica intramontabile, e ai suoi grandissimi protagonisti Fernandel e Gino Cervi.
 
 
E grazie ai numerosi libri e studi dedicati alla creature di Giovannino Guareschi.  Con le sue manone  grandi, apparentemente più adatte a usare mazze e vanghe che non a maneggiare libri sacri, il "signor curato" che ama quasi visceralmente la sua chiesa e le sue "pecore" - a volte più caproni che pecore -  rimane un modello insuperato di sacerdote, tanto da far pensare che il "pastore con l'odore delle pecore", il suo modello ispiratore, colui a cui fa riferimento spesso papa Francesco, sia proprio don Camillo. Lo pensa sicuramente Egidio Baldini, autore di un nuovo, vibrante studio dedicato a "Don Camillo. Un pastore con l'odore delle pecore" (edizioni Ancora,  pp.123, euro 15). 
 

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Il titolo stesso, come già accennato, indica il filo conduttore dell'analisi condotta dall'autore.  Lo sottolinea anche Michele Brambilla, direttore della Gazzetta di Parma, nella sua preziosa prefazione: "Quando ha dovuto indicare ai preti un modello di prete, papa Francesco non ha avuto dubbi e ha fatto il nome di don Camillo, il più famoso dei personaggi partorito dal genio ribelle di Guareschi". 
 
Percorrendo le strade della Bassa emiliana, e dunque le strade di Guareschi, che poi sono quelle di don Camillo, come fa Baldini, si riesce a ricostruire una vita straordinaria, ricca di umanità in cui però il sacro, o meglio il rapporto continuo con il Mistero, occupa un posto centrale. La guida, alla scoperta di questo "mondo piccolo", sono i racconti di Guareschi in cui vivono e rivivono le gesta del curato incapace di diplomazia, ma dotato di una fede inossidabile e per nulla incline a seguire le mode del momento,  o quello che noi chiameremmo il pensiero unico dominante, e relativizzante,  in contrapposizione al suo amico nemico di sempre, il comunista Peppone.
 
In questo microcosmo fatto di vie paesane, argini, canali, fattorie, gente umile, animali, e chiese, tante chiese, si rispecchia appunto la fede intatta e cresciuta nei secoli, robusta come i tronchi degli alberi e come il legno intagliato di cui sono fatti i crocifissi sugli altari. Lo è il Cristo con cui parla don Camillo,  che è poi la voce della coscienza del curato, spiega Baldini, ma anche la voce della sua fede. La fede di Guareschi, che in alcuni casi diventa chiaroveggente.  Come quando, nel racconto dal titolo " E' di moda il ruggito della pecora", esaminando con amarezza e incredulità il  comportamento della giovane Cat, si chiede, o meglio chiede al "suo" Gesù,   se il mondo non stia   correndo verso l'autodistruzione.
 

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 Il Cristo lo rimprovera,  perché in qualche modo sembra pensare che  il Suo sacrificio possa essere vanificato dalla malvagità umana, come se appunto quest'ultima  possa essere  più forte della misericordia di Dio. Don Camillo chiede perdono, ma ribadisce che ormai l'uomo è diventato materialista - lo dice più di 50 anni fa ! -  e corre davvero verso l'autodistruzione,  ad un punto di non ritorno, in cui  tornerà ad essere " l'essere primitivo che abitava nelle caverne, nonostante dimori in case sontuose e disponga di macchine straordinarie, capaci di compiere qualsiasi meraviglia". Parole profetiche, alla luce di molti avvenimenti contemporanei,  e di molti omportamenti di massa. Visto che, ormai si vive  senza "amore, pietà,  bontà,  onesta, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere", spiega infatti don Camillo -Guareschi. 
 
Come fare per andare avanti, per non soccombere?  Bisogna salvare e  osservare "il seme", la fede, come fanno i contadini quando il fiume rompe gli argini e invade i  campi. Vale anche per noi uomini ipertecnologizzati e politicamente corretti, a cui servirebbero molti più don Camillo. ...