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Ucraina, Cardinale Parolin: "Sempre chiesta alla Russia una soluzione negoziata"

In una intervista con il gruppo ACI, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, guarda alla crisi in Ucraina, sostiene il diritto di difendersi degli ucraini, affronta il tema dei rapporti con la Russia

Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Pietro Parolin, nella prima loggia del Palazzo Apostolico Vaticano | AG / ACI Group Cardinale Pietro Parolin | Il Cardinale Pietro Parolin, nella prima loggia del Palazzo Apostolico Vaticano | AG / ACI Group

Sin dalla crisi della Crimea, e poi con le situazioni del Donbass e Luhansk la Santa Sede ha fatto presente alla Russia la necessità di una soluzione negoziata, un tema che è stato presente in tutti i colloqui. Né la Santa Sede ha mai mancato di prendere una posizione netta, senza per questo subire contraccolpi diplomatici.

Lo spiega ad ACI Stampa il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, nella prima parte di questa lunga intervista, che avuto luogo prima del viaggio papale a Malta. Il Segretario di Stato vaticano rivela anche che l’iniziativa della videochiamata dello scorso 16 marzo tra Papa Francesco e Kirill è partita dal Patriarcato di Mosca.

È ormai passato più di un mese dall’inizio della guerra in Ucraina. Sin dall’inizio del suo mandato da Segretario di Stato vaticano, lei ha incentrato l’azione diplomatica sul tema del “dovere di proteggere”, una linea guida presente già nei suoi primi discorsi alle Nazioni Unite. In che modo questo “dovere di proteggere” va applicato oggi?

Io credo che ci sia il diritto alla difesa, alla legittima difesa. È quello fondamentalmente il principio in base al quale anche l'Ucraina sta resistendo alla Russia. La comunità internazionale vuole evitare una escalation, e quindi finora nessuno è intervenuto personalmente, ma vedo che ci sono molti che inviano armi. Questo è terribile da pensare, potrebbe provocare una escalation che non si potrà controllare. Resta, però, il principio della legittima difesa.

C’è da dire che la Russia aveva annesso nel 2014 la Crimea. Nel 2008, c’era stata l’occupazione dell’Ossezia. Erano segnali che la Russia avrebbe potuto agire in questo modo. Perché ora si parla di principio di legittima difesa e prima no?

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Perché prima c’era un dialogo in corso, sebbene questo dialogo non sia stato concluso e non abbia raggiunto alcun esito positivo. Le parti, però, parlavano, anche con la partecipazione della comunità internazionale. Si discuteva dei confini. In una situazione di dialogo, era logico che non ci dovesse essere alcun atto ostile, ma si tentasse di mettere in campo tutti i mezzi del negoziato, con la speranza che il negoziato avesse avuto successo. Cosa che, purtroppo, non è capitata.

Nel 2017, lei è stato il primo Segretario di Stato vaticano a visitare la Russia dai tempi del Cardinale Casaroli. Più recentemente, nel novembre 2021, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro per i Rapporti con gli Stati, ha visitato il Paese. Fino al momento dell’aggressione russa, come si potevano definire i rapporti tra Santa Sede e Russia?

Sul tema dell’Ucraina, la Santa Sede non ha mai cessato di porre l’attenzione sulla situazione del Donbass e delle regioni di Donetsk e Luhansk La Santa Sede ha sempre insistito sul rispetto e sull’applicazione degli accordi di Minsk, che sembravano essere la via maestra per evitare quello che poi è capitato. E abbiamo sempre insistito perché ci fosse la necessaria flessibilità da parte di Russia e Ucraina per applicare correttamente ed efficacemente gli accordi di Minsk. Nella conversazione che ho avuto con il presidente Vladimir Putin nel mio viaggio nel 2017, è emerso anche questo tema.

Lei è stato in Ucraina la prima volta da Segretario di Stato nel 2016. Nel 2019, parlando di fronte al Sinodo Greco Cattolico Ucraino riunito in Vaticano per un incontro interdicasteriale voluto da Papa Francesco, ha parlato esplicitamente di una “guerra ibrida” che si consumava in Ucraina. Quale è stata la reazione a quelle sue parole da parte della Federazione Russa? Lo chiedo perché il presidente Putin è stato tre volte in visita dal Santo Padre, a testimonianza che lui cercasse un dialogo. In che modo questo dialogo si è sviluppato anche dopo le sue dichiarazioni su quello che succedeva in Ucraina?

A mia conoscenza non ci sono state reazioni dirette, non ho ricevuto commenti alle mie prese di posizione e di per sé queste non hanno neppure deteriorato i rapporti. Anzi, proprio perché c’è stato questo dialogo continuo con il presidente Putin, noi gli abbiamo sempre fatto presente la necessità di trovare una soluzione pacifica e di negoziato alla crisi. Per questo, e anche prima che scoppiasse la guerra, abbiamo dato la nostra disponibilità a mediare, soprattutto dopo che il presidente ucraino Volodymir Zelensky aveva indicato il Vaticano come un possibile terreno neutro nel quale avvenisse l’incontro al vertice di Russia e Ucraina.

In questa situazione particolare, si pensa ancora ad un incontro del Papa con il Patriarca di Mosca Kirill?

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Guardi, io non so rispondere a questa domanda. Si era cominciato un lavoro di preparazione per un secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill. Alla luce di questi ultimi avvenimenti, non sono in grado di dire cosa succederà.

C’è stata intanto una videochiamata, un primo passo…

C’è stata l’iniziativa della chiamata, ed è partita dal Patriarcato di Mosca. Ho visto che lo stesso Patriarcato la ha comunicata in maniera schematica, ufficiale, mentre la Santa Sede ha reso pubblico quello che il Papa aveva detto a Kirill.

(1 – continua)