Advertisement

Un “giubileo biblico” per la Terrasanta

Terra Santa  | Una immagine della Terra Santa  | CCEE Terra Santa | Una immagine della Terra Santa | CCEE

Si conclude con un accenno al “giubileo” descritto nel Libro del Levitico il comunicato del Coordinamento Terra Santa del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. Riuniti dal 14 al 19 gennaio, i vescovi europei hanno discusso di migranti, pace in Medio Oriente, dialogo ed ecumenismo. Fino poi a stilare il comunicato finale, tutto centrato sull’ “occupazione” israeliana dei territori, ormai presente da 50 anni.

E per comprendere il senso di questo comunicato, si deve partire dalla fine, dal passo del Levitico che proclama il Giubileo, in cui si legge: “Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti”. Chiosano i vescovi: “Nel corso di questo cinquantesimo anno di occupazione, dobbiamo pregare per la libertà di ognuno in Terra Santa e sostenere in modo concreto tutti coloro che lavorano per costruire una pace giusta”.

I vescovi enfatizzano “lo scandalo cui non dobbiamo mai abituarci” dell’occupazione sotto la quale “per cinquant’anni” hanno languito “la Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza”, che ha violato “la dignità umana sia dei palestinesi che degli israeliani”. Nonostante l’appello “per la giustizia e la pace” lanciato dal coordinamento “ogni anno dal 1998”, la “sofferenza continua”, ed è per questo che vogliono che questo nuovo appello “sia più forte”.

“Come vescovi – chiedono dunque - imploriamo i cristiani nei nostri paesi d'origine a riconoscere la nostra responsabilità in termini di preghiera, consapevolezza e azione”.

I vescovi sottolineano che “tantissime persone nella Terra Santa hanno trascorso tutta la loro vita sotto l'occupazione, con la sua segregazione sociale polarizzante, ma ancora professano la speranza e la lotta per la riconciliazione”.

Advertisement

Sono le persone – aggiungono – che “ora più che mai meritano la nostra solidarietà”, perché tutti “abbiamo la responsabilità di opporci alla costruzione degli insediamenti”, una “annessione de facto di terre non solo mina i diritti dei palestinesi in aree come Hebron e Gerusalemme Est, ma, come ha recentemente riconosciuto l'ONU, mette in pericolo anche le possibilità di pace”.

I vescovi aggiungono che tutti hanno “la responsabilità di fornire assistenza alla popolazione di Gaza”, la quale “continua a vivere in mezzo a una catastrofe umanitaria generata dall'uomo stesso” e che ha vissuto ormai “un intero decennio sotto assedio, aggravato da uno stallo politico causato da una mancanza di buona volontà di tutte le parti in causa”.

Aggiungono poi che tutti hanno “la responsabilità di incoraggiare la resistenza non violenta che, come ci ricorda Papa Francesco, ha ottenuto grandi cambiamenti in tutto il mondo”, cosa necessaria “di fronte a ingiustizie quali l’incessante costruzione del muro di separazione in terra palestinese, inclusa la Valle di Cremisan”.

I vescovi ribadiscono con forza la soluzione dei due Stati – Palestina e Israele – che è quella da sempre richiesta con forza dalla Santa Sede, e sottolineano che “la Chiesa locale, le sue agenzie, i volontari e le ONG” vanno aiutate, che “nelle circostanze più difficili mostrano una grande resilienza e svolgono un lavoro che cambia la vita”.

Concludono i vescovi: “È la nostra fede in Dio che ci dà speranza. È la testimonianza dei cristiani in Terra Santa che abbiamo incontrato, soprattutto quella dei giovani, che ci ispira”. E la speranza è appunto quella di una restituzione delle terre, come avveniva appunto nel Giubileo.